Pokémon: Back to the Origin

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  1. Rachel Aori
     
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    Introduzione:

    Non è la solita storia... qui non si scherza più. Il destino del mondo, come noi lo conosciamo, è in pericolo.
    Pregare per il proprio futuro diventa lecito, quando scopri che il tuo dio ha finito di avere pietà e compassione per te. Troppi errori.
    Troppe ingiustizie.
    Ma qualcuno cercherà di cambiare tutto, e di salvarci. Di salvarci tutti.


    Genere: Avventura, Azione, Drammatico
    Coppie: Sì
    Note: Storia scritta a 4 mani con Andy Black, non presente sul forum; personaggi inventati


    Prologo - L'inizio della fine


    “Guerra. Guerra e Fuoco. Guerra e fuoco, più odio e rabbia. Rancore.

    No. Non ho creato la terra per questo. Non ho creato il mondo per riempirlo di lacrime.
    Non ho creato i Pokémon per servirvene.
    Ho creato tutto ciò per raggiungere la serenità dell’anima, dello spirito. Io mi riempio dei vostri sorrisi, e della vostra serenità.
    E la guerra mi fa male.
    Mi ferisce vedere le mie creature che si ammazzano tra di loro. Per cosa, poi? Per il potere?”
    E poi l’oracolo lo sentì ridere.
    “No. Non avete potere. L’unico potere che avete è quello di rompere equilibri ed armonie. E la colpa non può che essere vostra, degli umani, dato che i Pokémon sono creature buone. Siete voi umani ad essere cattivi, a riempire i vostri cuori di brama e desideri che imputridiscono le vostre anime, sporcandovi anche il volto. È una vergogna girare col volto sporco. Nessuno dovrebbe farlo”
    “Lo so”. La voce dell’oracolo era dolce e debole allo stesso tempo. La ragazza sostava in ginocchio, timorata per le parole della divinità.
    “Gli altri dovrebbero avere la tua coscienza. Invece c’è chi punta a farmi del male” riprese l’altro.
    “Gli altri sono come sono perché tu sei stato troppo generoso con loro. Gli hai offerto una terra piena di ricchezze, li hai messi in condizione di poter sorridere ogni giorno, e di godere della compagnia dei Pokémon oltre che della tua benevolenza”
    “Mai le tue parole furono più esatte. E la generosità da oggi è finita. Guerre tra umani che utilizzano Pokémon per uccidersi a vicenda... non vi ho donato il mondo per questo motivo. E siccome la mia benevolenza non è stata ben percepita, da ora è finita. Vai fuori, ora, e grida al mondo la profezia che adesso suggerirò alla tua anima”
    L’oracolo vide il Cristallo dell’Armonia illuminarsi di bianco. Tramite quello, Prima era in grado di parlare con la divinità. La luce bianca si espanse in maniera vertiginosa, fino a quando due fasci illuminarono il cuore e la testa di quella.
    Dolore e piacere si univano nel suo corpo, fino a sfibrarla. Si sentiva debole e forte, assetata di conoscenza ed al contempo piena di verità. Accadeva questo quando Lui voleva farle conoscere qualcosa. Prima urlò, come non aveva mai fatto, poi si abbandonò all'immenso potere che stava defluendo in lei, mentre i fasci si riempivano di luminosità sempre più velocemente, fino a diventare tutto candido, tutto bianco, come se tutto ancora dovesse esserci stato. Si vedeva solo Prima, che prese a fluttuare per aria.
    Le vergini, che si occupavano di lei, si spaventarono.
    Prima sbarrò gli occhi, ed aprì mani e bocca, stupore e paura si dipinsero sul suo sguardo, fino a che la luce sparì, e debolmente Prima si adagiò verso il pavimento di pietra. Le vergini guardavano il loro oracolo impaurite. Erano poche le volte che il potente Arceus decideva di mettersi in contatto con loro, ed ogni volta che entrava nell'oracolo succedeva qualcosa di inaspettato, che le lasciava a bocca aperta. Quello rappresentava da sempre un mistero per loro. Si chiedevano come potesse essere possibile che Arceus, il grande Arceus, entrasse all'interno di Prima, la sacra vergine, l’oracolo, e parlasse con la sua anima.
    Quelle guardavano la scena, a metà tra lo stupore e l’orrore.
    Prima sbarrò di nuovo gli occhi, e prese ad urlare terrorizzata. Una delle vergini, impaurita da quella reazione, volle avvicinarsi a lei. Voleva svegliarla, voleva che finisse di urlare. un’altra adepta, la più anziana, la trattenne per un braccio.
    “Arceus sta parlando. Non interrompere mai Arceus” disse.
    La più giovane abbassò la testa, in segno di scuse, e tornò ad inginocchiarsi al suo posto.
    Prima continuava ad urlare, un po’ di sangue cadeva a piccole gocce dai palmi delle sue mani. Anche le lacrime fuoriuscivano, ma a fiotti. Sembrava stesse per partorire il demonio.
    E poi tutto finì.
    Prima si agitava per terra, in preda alle convulsioni, mentre tutte le adepte disorientate guardavano la più anziana.
    “Prendetela e portatela nella sua stanza. Curatele le ferite, ed assicuratevi che beva. Quando si sveglierà dovrete chiamarmi prontamente”
    “Sì, Olimpia” rispose una di quelle. Le giovani raccolsero Prima da terra, per adempiere agli ordini della più anziana tra le vergini dell’oracolo.
    Olimpia pulì il sangue dell’oracolo, e guardò il cristallo. La causa di tutto.
    Quel cristallo era il portale spirituale per connettersi con Arceus. In qualche modo era l’unico modo per comunicare con lui, e se un animo buono fosse riuscito ad invocarlo, qualcuno avrebbe potuto catturarlo e servirsi dei suoi immensi poteri.
    L’anziana si avvicinò a piccoli passi verso l’arco d’ingresso del tempio, i suoi piedi scalzi calpestavano le lastre di pietra dura e fredda del pavimento, ed intanto si guardava attorno. Un Medicham levitava tra due colonne, mentre l’Abra di Prima giocava rincorrendo un Glameow. Attimi di distrazione, prima che la preoccupazione la mangiasse.
    Arrivata fuori al tempio, Olimpia godette dei baci del sole, che prontamente inondò il suo viso sapiente. Dall'alto del Monte Trave, la vergine guardava colonne enormi di fumo alzarsi e levarsi in aria, trasportate dal vento.
    L’intera regione di Adamanta bruciava sotto il fuoco degli ingiusti, quei rivoluzionari irragionevoli e senza scrupoli. Si avvicinò alle pendici del precipizio, il vento soffiava sulle sue vesti, che si ritraevano sul corpo della donna come fossero bambini impauriti. Poco lontano dall'interminabile scalinata che collegava il tempio del Monte Trave con la città di Palladium, l’esercito dei templari si batteva valorosamente contro quello degli ingiusti. Facevano combattere i loro Pokémon tra di loro, cosa insensata. Si chiedeva perché non potevano godersi la tranquillità e la bellezza di quel paesaggio tutti assieme.
    Lunghi rivoli d’acqua si gonfiavano e quando si univano facevano spazio al fiume, che saltava coraggioso da un’enorme cascata e si ritirava in un ampio lago. Ampie pianure davano la possibilità di coltivare la terra, e le valli permettevano di costruire abitazioni, per coesistere insieme e bearsi della benevolenza di Arceus, generoso creatore di Adamanta e delle altre terre sinora conosciute.
    Ed invece Adamanta bruciava.
    Olimpia sospirò, pregando che i templari resistessero alla morsa degli ingiusti, anche se la vita era riuscita nell'insegnarle una delle lezioni più importanti sugli umani: l’ambizione non guarda in faccia nessuno. Nemmeno chi ce l’ha.
    Alzò gli occhi, il sole stava per tramontare ma il forte calore non accennava a diminuire. Si girò, il tempio era sovrastato da un cielo dalle mille sfumature, ammorbidito da batuffoli di nuvole.
    Rientrò dentro, il sonno sarebbe stato l’unico modo per rinfrancare quelle giornate, ricche solo di paure e delusioni.

    Nel cuore della notte Sandra, la più giovane tra le vergini, andò a svegliare Olimpia. Il viso della donna anziana sembrava stropicciato. Non riusciva a riposare bene, e non sapeva se dipendesse dalla profezia di Arceus, o dalle urla di disperazione di Pokémon e persone, che spesso le attanagliavano la mente, stringendola in una morsa inesorabile.
    “Olimpia, Prima si è svegliata”
    “Sì, Sandra. Avete provveduto a lavarla e nutrirla?”
    “Olimpia, conosci Prima. Abbiamo potuto lavarla solo perché era caduta nel profondo sonno, che sempre la divora dopo i contatti con la divinità. Abbiamo potuto anche farle bere un po’ d’acqua, ma ora le altre vergini si trovano in difficoltà a trattenere la sua furia”
    “Furia? Di che stai parlando, Sandra?”
    “Sembra non essere in sé. Le altre vergini la stanno trattenendo, spingendola contro il muro, mentre lei si dimena per liberarsi”
    “Andiamo da lei”. La più anziana scese dal suo piccolo giaciglio, la veste ricadde lunga verso la pietra, e fece spaventare Glameow, che riposava lì nei pressi.
    Sandra ed Olimpia camminavano spedite verso la Stanza del Riposo, dove abitualmente Prima si riprendeva dopo i contatti con la divinità, ma furono le grida del giovane oracolo ad accoglierle, parecchi metri prima dell’ingresso.
    La Stanza del Riposo era fondamentalmente una camera dotata di un morbido letto, di un banchetto e di una vasca ripiena di acqua piovana. Varie torce illuminavano l’ambiente in maniera sommaria, ma Olimpia fu benissimo in grado di vedere il volto di Prima. Era fuori di sé.
    “Lasciatemi! Lasciatemi!” urlava quella, le lacrime sul suo volto a deturparne la bellezza intoccabile. Gli occhi verdi, dilatati al massimo, erano l’elemento di maggiore espressività del suo viso, la pelle candida li faceva risaltare ancora di più. I lunghi capelli castani donavano all'oracolo un’estrema femminilità, aiutata dai suoi movimenti aggraziati e dalle labbra rosee, gonfie di parole.
    “Olimpia! Ordina alle vergini di lasciarmi andare!” urlava Prima.
    “Lo farò se mi dirai cosa il divino Arceus ha in serbo per noi”
    “La distruzione di tutto! Ora devo andare ad avvertire Timoteo!”
    “Lo farà qualcun altro al posto tuo. Non possiamo rischiare che tu perda la vita”
    “Timoteo ha bisogno di me!” urlò Prima, e con incredibile forza riuscì a divincolarsi dalle tre vergini che la mantenevano. Uscì velocemente dalla stanza, e prese a correre per il corridoio male illuminato del tempio.
    “Abra! Vieni qui!” urlò, mentre correva verso l’enorme arco di ingresso. La ragazza uscì fuori, i piedi scalzi dolevano per la corsa. Si fermò sul primo gradino dell’enorme scalinata.
    “Abra! Teletrasportami da Timoteo!”
    Il Pokémon alzò gli occhi verso il cielo, e dopo pochi istanti fece smaterializzare Prima dalla cima del Monte Trave, sotto gli occhi affannati delle vergini che l’avevano inseguita.

    Prima comparve ai piedi del letto di Timoteo. Una torcia illuminava il vasto dormitorio, condiviso da centinaia di soldati.
    “Timoteo! Svegliati!” urlò l’oracolo.
    Quello balzò in piedi, brandendo la spada che aveva accanto alla branda. Anche gli altri soldati si svegliarono.
    Timoteo era il classico stereotipo dell’eroe. Capelli neri, corti, arruffati, barba corta dello stesso colore, labbra grandi, naso importante, occhi marroni. E fisico statuario.
    Timoteo aveva donato la sua vita alla protezione dell’oracolo e delle vergini. E del tempio, naturalmente. Conosceva Prima da quando erano bambini, ma le capacità della ragazza si intromisero nei loro progetti di vita. Volevano sposarsi, vivere insieme, crescere dei bambini. I doni purtroppo non si scelgono. Quando fu reso noto che Prima fosse in grado di predire il futuro e parlare con Arceus, Olimpia andò personalmente a prelevarla dalla sua piccola casetta.
    “Prima! Cosa ci fai qui?! Se gli Ingiusti scoprono che sei qui è la fine!”
    “Dovete terminare questa guerra! Arceus ha maledetto le nostre terre!”
    “Cosa?!”
    “Ho... ho avuto un contatto con la divinità”
    Timoteo lasciò cadere la spada per terra, che tintinnò al contatto con il pavimento. “Che diamine ti ha detto?!” urlò, scuotendo Prima per le spalle.
    “Mi ha detto chiaramente che il mondo che lui ha creato per noi non è stato ideato per essere utilizzato come campo di battaglia! Vuole che finiamo di combattere! I Pokémon, gli uomini, non devono morire per via di altre persone e Pokémon!”
    “Prima... se noi finissimo di combattere, quelli prenderebbero il tempio”
    “Sì. Lo so. È per questo che devo parlare con il capo degli ingiusti, Adamo, per fargli terminare questa guerra inutile”
    “Non parlerai con nessuno. Non posso permettere che tu rischi la tua vita. Quelle sono persone senza scrupoli”. Timoteo guardò negli occhi Prima, e le toccò la mano. I loro sguardi erano dolci.
    “Devo parlare con Adamo”
    Timoteo sospirò, abbassò il volto e strinse la mano della ragazza. “Non puoi farlo”
    “È l’unico modo per salvarci”
    “Arceus ucciderà tutti?”
    “Si riprenderà quello che era suo, e lo chiuderà nell’Uovo della Vita”
    “Ma... è l’uovo dal quale è nato!”
    “Esatto”
    “Dopodiché non ci sarà più nulla...” ringhiò Timoteo.
    “Lasciami andare” la voce della ragazza si addolciva ogni volta di più.
    “Verrò anche io con te. Per sicurezza”
    “Grazie”, e gli occhi di Prima si riempirono di riconoscenza. Timoteo indossò la sua armatura, tralasciando l’elmo, infilò la spada nel suo fodero e sospirò.
    “Ragazzi, state in allerta” disse infine alle sue truppe. Del resto, era un generale. “Haxorus, seguici” continuò. Guardò Prima, che annuì al suo sguardo.
    “Abra, teletrasportaci da Adamo”
    E sparirono.

    Adamo sospirava, non riusciva a dormire. I biondi capelli, lunghi fino alle spalle, catturavano troppo calore. E questo non andava bene quando il caldo era troppo.
    Decise di alzarsi, e sapeva quanto potesse essere faticoso, dato che non levava mai quell'armatura rossa e nera da dosso. Aveva paura di un attacco da parte di nemici. La sua tenda era vuota.
    Si guardò le mani, piene di tagli.
    La guerra.
    Dovevano conquistare il Monte Trave. Dovevano farlo per Nestore. Lui aveva promesso loro fama, potere, denaro, cibo, donne, e tutto ciò che poteva rendere la loro esistenza migliore.
    Era perso nei suoi pensieri, quando d’un tratto si rese conto che il suo peggior nemico era nella sua tenda. La punta della spada di Timoteo pungeva il pomo ad Adamo. Che ironia.
    Quest’ultimo mosse gli occhi, neri come la pece, incuriosito dalla figura accanto al templare.
    “Lei... lei è l’oracolo” osservò sorridente e stupito quello. “Avete del fegato a venire qui”
    “A dispetto di quello che sembra veniamo in pace” disse serio Timoteo.
    “Allora levami la spada dal collo”
    Beh. Ovvio.
    Timoteo abbassò l’arma, e guardò Haxorus. Aveva paura che il Gengar di Adamo fosse nascosto nell'ombra ed attaccasse all'improvviso.
    “Che vi porta qui?” domandò Adamo.
    “L’oracolo è entrata in contatto con Arceus” rispose l’altro.
    “Oh... Arceus. Cosa vorrà mai, da noi?” fece lui, tutto sorridente.
    Prima sospirò. “Ecco. La profezia è chiara. Il mondo così come lo conosciamo è stato un dono della benevolenza del grande Arceus. Ci ha donato i fiumi, per dissetarci, la terra, per sfamarci, e soprattutto i Pokémon, perché siano fedeli compagni ed amici. La grande guerra che state scatenando per il Cristallo dell’Armonia ha portato solo la morte di tantissime persone. E di Pokémon. Lui non ha creato i Pokémon per utilizzarli come armi. Li ha creati per far sì che entrino in simbiosi con noi. Perché diventino nostri fedeli alleati nella vita di tutti i giorni. Ebbene, la pazienza di Arceus è finita. La profezia di Arceus si avvererà e per noi sarà la fine”
    “Quale profezia?” chiesero in coro Timoteo ed Adamo.
    “Nessun’anima avrebbe dovuto separarsi dal suo corpo. Nessuna. Ora vuole che la sua benevolenza sia ripagato dalla fede che noi abbiamo in lui. Sono 1000 anni, quelli che ci ha concesso. Se entro mille anni non finirete di utilizzare i Pokémon a scopo di guerra, gli elementi si rivolteranno contro di noi, annientando ogni persona e Pokémon, e facendo sì che tutto il creato torni a fare parte di lui, imprigionandolo nell'Uovo della Vita”
    Adamo rise di gusto.
    “Tra mille anni io sarò già morto”
    Prima spalancò gli occhi. Non riusciva a credere di aver ricevuto una risposta del genere.
    “Ma i tuoi discendenti moriranno! E non ci sarà più nulla per cui combattere!”
    “Oracolo, fatti da parte. Ho un tempio da conquistare” disse quello, sguainando la spada, ma prontamente Timoteo rialzò la sua al collo di Adamo.
    “Siamo venuti in pace. E ce ne andremo in pace”
    “Non penso. Gengar, usa Malosguardo”
    Improvvisamente due occhi ed un sorriso arcigno apparvero su di una larga ombra sul pavimento. Nessuno riusciva più a muoversi.
    “No! Sei un vigliacco!” urlò Timoteo, mentre il volto di Prima sbiancò.
    Intanto Haxorus ruggiva di rabbia, sentiva le mani infide del fantasma toccargli la coda. Riusciva solo a muovere la bocca, il suo corpo era paralizzato lì.
    “Lascia stare Haxorus, bastardo!” urlò il templare.
    “Abra! Dobbiamo fermare Gengar! Usa Bullo!” ordinò Prima.
    I poteri di Abra fecero effetto, la capacità offensiva di Gengar Aumentò, ma il Pokémon divenne confuso, incapace di tenere la presa del Malosguardo sui nemici.
    “No! Gengar, riprenditi!” urlò Adamo, mentre combatteva a colpi di spada contro Timoteo.
    “Dobbiamo andare via da qui!” urlò Prima. “Abra! Teletrasporto!”
    E sparirono di lì.
    “No! Truppe! Attacchiamo!” urlò Adamo, ed il suo urlo si espanse attorno a lui come fiamme in un campo di grano.

    Prima e Timoteo, assieme ai loro Pokémon si materializzarono nell'accampamento dei templari. Questi si spaventarono, di primo acchito, quando li videro apparire, poi riconobbero il generale e si tranquillizzarono.
    La tensione era papabile. Timoteo aveva voglia di urlare. Si voltò verso le sue truppe.
    “Uomini. Dobbiamo prepararci a combattere. Questa notte sarà lunga. E noi dobbiamo necessariamente vedere il sole domattina”
    Tutti obbedirono agli ordini, e si schierarono sulle proprie linee, aspettando i comandi del generale.
    “Prima. Devi tornare al tempio”
    Quella affannava vistosamente, il cuore le martellava nel petto, e sussultò quando incontrò gli occhi dell’uomo.
    “Timoteo... devi seguirmi”
    “E perché?”
    “Vieni con me al tempio, ti prego. Per un attimo, ma vieni con me”
    Prima sembrava disperata.
    “Non posso lasciare i miei uomini qui”
    Ma l’oracolo così decise, quindi Abra li teletrasportò sul Monte Trave, davanti la porta del tempio. Il cielo era scuro e denso, due fiaccole accostavano l’ingresso del luogo sacro. Timoteo pareva visibilmente contrariato.
    “Dannazione, Prima! Ti ho detto che non volevo lasciare i miei uomini!”
    E fu allora che Prima si lasciò andare ancora al pianto. Troppe emozioni. Guardare il futuro con gli occhi di una donna acerba era difficile. Non riusciva a mantenere sulle spalle il peso di ciò che riusciva a vedere.
    “Prima... calmati” fu meno ruvido l’uomo.
    “Timoteo... se tu lotterai, stanotte, verrai ucciso”
    Timoteo sbiancò. “Cosa?!”
    “Verrai ucciso dal fuoco”
    “Fuoco? Verrò ucciso dal fuoco?”
    “Ti prego, non andare!” urlò quella, stringendolo, poggiando la faccia sulla fredda armatura. Avrebbe voluto che quella non ci fosse, in quel momento.
    “Prima...”
    “Non andare lì. So che vuoi andarci, so che vuoi lottare. Ma desisti. Rimani con me!”
    “Prima, io non posso lasciare i miei uomini da soli”
    “Non lasciare sola me”
    “Tu non sei sola. Io sarò sempre con te”
    “No, Timoteo. Morirai. E non sarò più in grado di amare un uomo con l’animo limpido come il tuo”
    Quello abbassò la testa, come se fosse stato sconfitto. “Anche io ti amo, Prima”. Il suo destino era segnato. Questo perché sarebbe andato a combattere.
    “Non andare”
    “Posso solo garantirti che sarai l’ultimo pensiero, prima di morire”
    Quella spalancò gli occhi, e schiuse la bocca. La mano piccola e affusolata andò a toccargli la barba.
    “Timoteo...”
    Le lacrime le laceravano il viso, sembravano tagliarle le guance in due parti distinte. La felicità. Desiderava quella. Desiderava vedersi madre, donna, desiderava vedere il mare, non c’era mai riuscita, desiderava avere per sé quel bellissimo uomo. Desiderava fare l’amore con lui, ma ormai era inutile. Lui aveva preso la sua decisione. Aveva deciso il suo futuro. Ed in quel futuro non c’era Prima.
    Ma intanto c’era il presente. Un presente speciale, di quelli che ti scappano dalle mani quando meno te lo aspetti, fatto di sorrisi, belle labbra e desideri inespressi.
    La vita è un qualcosa di troppo prezioso per essere gettata così.
    Lui era l’unica persona in questo mondo che, pur sapendo che sarebbe dovuto morire, non si perse d’animo, cercando di fare più danni possibili prima che le fiamme lo inghiottissero.
    Guardò il manico della sua spada, compagna di tante avventure.
    Poi guardò Prima. Compagna di tante fantasie. Fantasie che andavano oltre le loro possibilità. Lei non poteva amarlo, tante responsabilità caricavano il suo esile corpo di pesi che non era in grado di portare senza la massima concentrazione.
    Lui invece la amava. Ma non poteva averla. Decise che la cosa migliore da fare era dare tutto in battaglia. La sua ultima battaglia. Si girò e fece per andarsene, quando la voce della ragazza lo fermò.
    “Tu potresti rimanere qui con me. Ma hai un ruolo. Hai un orgoglio, e sei un esempio da seguire per quei giovani soldati. Non puoi rimanere”
    Timoteo annuì, confuso.
    “Ci conosciamo da tanto. E durante tutto questo tempo mi hai regalato delle emozioni bellissime. E tanti sorrisi. Mi hai protetta, come una sorella, come una figlia. Ma devi sapere che ti amo”
    “Anche io ti amo” disse a testa bassa lui.
    “Donami per l’ultima volta qualcosa. Donami quelle sensazioni che non mi hai dato mai”
    Timoteo schiuse le labbra, tirandola a se. La baciò, stringendola vigorosamente.
    Fu forte.
    Poi lei lo prese per mano, tirandolo in una stanza del tempio, dove nessuno tranne l’oracolo poteva entrare.
    E lì lui le donò qualcosa che sopravviveva ad ogni disastro.
    Lui le donò l’amore.
    Ma come se fossero stati in una bolla di sapone e questa fosse scoppiata, tutto finì. Si resero presentabili, tornando di nuovo davanti al tempio.
    “Ti amo. Vai” disse lei.
    “Ciao” rispose quello, baciandola, spingendola contro il suo corpo, freddo sotto le mani della giovane donna per via dell’armatura. La croce rossa dipinta su di essa sembrava essere incandescente.
    “Non dimenticarti mai di me” disse quella.
    “Non lo farò mai”
    Infine Timoteo impugnò la sua spada, e cominciò a scendere i 1000 gradini degli eroi. Ogni gradino aveva inciso il nome di uno dei 1000 eroi di Adamanta. Ma Prima lo sapeva, ne prese coscienza mentre lo guardava scendere le scale a testa alta.
    Lui sarebbe divenuto il più grande tra tutti quelli.
     
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