Pokémon: Back to the Origin

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  1. Rachel Aori
     
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    Capitolo 3° - Vibrazioni


    Blitzle. Nelle sue mani c’era una Poké Ball, e dentro la Poké Ball un Blitzle. Rachel sorrise, riuscendo ad imitare alla perfezione i clown che piangono, in quei quadri dal dubbio gusto artistico. Il trucco sciolto, il volto in lacrime, erano tutti elementi che non creavano la minima armonia con il sorriso da ebete che si era inchiodata in volto.
    “Blitzle! Zorua, bravissimo! Blitzle!” mise via la sfera contenente il nuovo Pokémon e strinse tra le braccia il suo amico di sempre.
    Fu dopo una dozzina di secondi, di moine e carezze che si accorse che il ragazzo ed il suo Lucario erano lì, in attesa di qualcosa.
    “Ehm... immagino che debba ringraziarti... ancora” arrossì Rachel.
    “Non sei obbligata... ma sì, credo che tu debba farlo”. Quel tipo le rubò un altro sorriso.
    “Allora grazie. Non penso che senza di te sarebbe finita bene...”
    “Non preoccuparti. Adoro aiutare le donzelle in difficoltà”
    “Meno male che sono donna, allora...”
    “Già. Altrimenti ti avrei lasciata morire...”. Altro sorriso. “Comunque sono Zack...”
    Rachel guardò la mano del ragazzo avvicinarsi al centro di un immaginario segmento che c’era tra i due.
    Per un momento rivalutò la situazione. Stava per essere ammazzata, se non ferita gravemente da un Pokémon selvatico. Nonostante non avesse nessuna voglia di fare nuove amicizie, a quel ragazzo, Zack, doveva la vita.
    Intanto quello continuava a tenere tesa la mano in direzione della ragazza, i secondi passavano ed il silenzio diventava ancora più imbarazzante.
    “Ehm... afferri la mano, la stringi e la scuoti” fece il ragazzo, con sarcasmo.
    Lei si risvegliò dai suoi pensieri, e sorrise. E tre. Quel ragazzo aveva qualcosa di stranamente anomalo. Vuoi per la timidezza, vuoi per una chiusura caratteriale, Rachel non era tipo che si apriva con il primo che capitava. Ma l’aveva fatta sorridere per tre volte in meno di due minuti, e quello era già un gran risultato.
    Gli strinse la mano.
    “Wow... brava...” sfotté lui.
    “Smettila...” lei cercò di fare una faccia seccata.
    “Ora dovresti dirmi il tuo nome, poi dovremmo essere a posto”
    “Mi chiamo Rachel. E sono incredibilmente di fretta. Mi devi scusare, ma ora devo scappare”
    “Dove devi andare di così tanto urgente?! Stavamo facendo pratica su come conoscere una persona, e te ne vai sul più bello?!”
    E quattro. Rachel sorrise ancora, ci stava prendendo gusto.
    “Devo arrivare a Timea il prima possibile”
    “Sei diretta in qualche punto in particolare di Timea?”
    “Ehm... dai... miei... zii! Sì, abitano lì, e devo portargli...” cercò mentalmente nella sua borsa, ma non riuscì a trovare niente di abbastanza brillante quanto veritiero da non lasciare alcun dubbio sulla veridicità della menzogna. Alla fine si dovette accontentare. “...devo portargli una Poké Ball”
    “Non le vendono, a Timea?”
    “Senti... devo andare. Grazie ancora” e Rachel riprese il cammino.
    “Di niente... ma... aspetta un minuto!” lui volle seguirla.
    “Che c’è?” domandò disinteressata, cercando di scansare gli ostacoli boschivi.
    “Anche io devo andare a Timea... magari facciamo il viaggio insieme...”
    “Non credo sia una buona idea”
    “Ti farai ammazzare se non avrai nessuno a proteggerti”
    “Non ho bisogno di protezione! E tu non sei mio padre, quindi cercati un’altra donna da proteggere!” cominciò ad irritarsi la ragazza.
    “Hey, calmati... che bel caratterino... volevo solo un po’ di compagnia...”
    “Uff...” Rachel sbuffò, poi si bloccò all’improvviso, facendo inciampare Zack. Lei non riuscì a trattenere una risata.
    “Senti... sto scappando da mio fratello”
    “Sei una fuorilegge?”
    “No”
    “Non c’è nessuna taglia sulla tua testa?”
    “...non ti rispondo nemmeno...”
    “Uff... mai un giorno fortunato... e perché scappi da tuo fratello?”
    “Non è importante adesso. Se vuoi venire con me fallo pure, ma cerca di parlare il meno possibile, di non darmi fastidio, e non ti aspettare nulla di nulla”
    “Okay...”
    “Bocca cucita!”
    Zack fece capire a gesti di aver recepito il messaggio, e mimò la chiusura di una zip immaginaria davanti la sua bocca.
    “Perfetto... ora andiamo”
    Il Bosco Memoria era il posto perfetto per chi amava i Pokémon coleottero. Vari Cascoon pendevano dagli alberi, mentre Caterpie e Wurmple si cibavano di foglie verdi, ma, come dimostrato anche da Blitzle, non c’erano solo insetti. Qui e li Sunkern e Hoppip volavano di ramo in ramo, mentre Paras e Foongus cercavano di mimetizzarsi con il fitto sottobosco, formato da foglie, rametti, aghi di pino e qua e la qualche fiore.
    Rachel fu in grado di vedere il sole, nonostante il fitto tetto di foglie. Era presto. Davvero presto.
    Si chiese cosa ci facesse Zack a quell’ora nel bosco.
    E glielo chiese.
    “Non sono neanche le otto del mattino... che ci fai qui?”
    “Il bosco è li posto dove passo il mio tempo... mi alleno, cerco nuovi Pokémon, cerco delle bacche e del cibo”
    “E dove dormi?”
    “Dove capita... non ho una dimora. Ho qui il mio sacco a pelo”
    “Sacco a pelo?”
    “Ne sono abituato, tranquilla. Sono almeno 10 anni che sono in viaggio...”
    “Ecco il perché di Lucario. È un Pokémon molto raro da queste parti...”
    “Già... ma dov’è finito il bocca cucita?”
    “Hai ragione. Chiudi il becco”
    Zack sbuffò, sistemandosi meglio la bandana. Sbadigliò, quella notte era durata davvero troppo poco.
    “Sei antipatica...”
    “E tu logorroico!”
    “Questa è la tua riconoscenza?!”
    “Non si tratta di riconoscenza, è che...”
    E poi, come se qualcosa avesse voluto interrompere quella futile lite, la terra prese a tremare. Forte, davvero forte. Gli alberi oscillavano qui e lì, stormi di Spearow e Taillow si alzavano in volo, emettendo i loro versi impauriti, lasciando dietro di loro una cascata di piume e di foglie.
    Rachel si irrigidì, ed il suo primo istinto fu subito di prendere in braccio Zorua. La bocca schiusa, gli occhi dilatati. Stava cercando di capire cosa stesse succedendo.
    Zack invece non sembrava impaurito. Era scuro in volto, quasi arrabbiato. Anzi, serio.
    Pochi secondi dopo la terra si fermò.
    “Santo cielo, che è successo?!” urlò lei, dopo aver fatto entrare Zorua nella sua sfera.
    “Era un terremoto. Allora è vero...” mormorò il giovane.
    “Cosa è vero?”
    “Dobbiamo andare in un centro Pokémon”
    “Centro Pokémon?! Ed ora che c’entra?!”
    “Devo fare una videochiamata”
    “Videochiamata? Non puoi aspettare finché non arriviamo a Timea?!”
    “Potrebbe essere tardi”. Quando non rideva, o cercava di farla ridere, Zack sembrava un’altra persona. “Dobbiamo tornare indietro” proclamò.
    “Io non posso tornare indietro! Ryan mi troverebbe!”
    “Rachel... non si tratta più di te. E neanche di me! Si tratta di tutti noi!”
    “Cosa?!”
    “Dannazione!”. Zack estrasse la sua mappa da una tasca laterale dello zaino, quindi la aprì. “Bene... Edesea è a pochi chilometri da qui... dobbiamo solo uscire dal bosco, andando verso est, e quindi continuare dritto”
    “Edesea? Dobbiamo arrivare lì?”
    “O torniamo indietro o andiamo ad Edesea”
    “Ma è dalla parte opposta di Timea!”
    “Avanti! Non devi portare nessuna Poké Ball ai tuoi zii!”
    Rachel fece il muso. Lui la vide ed inarcò un sopracciglio. Poi un’altra scossa di terremoto, questa volta di assestamento, diede il colpo di grazia a parecchi alberi che erano riusciti a stare all’in piedi per miracolo.
    “Dobbiamo andare via di qua!” urlò lui, cercando di far prevalere la sua voce sul rombo della terra. Prese una sfera e la tirò in aria. Un meraviglioso esemplare di Braviary spiegò le ali, emettendo il suo verso.
    “Presto, saliamo!”
    “Cosa?!”
    “Vuoi rimanere qui e rischiare che ti cada un albero in testa, o preferisci volare?”
    “Ho paura di volare...”
    “Hai mai volato?”
    “No...”
    “E allora sali!” urlò lui, afferrandola per un braccio ed aiutandola a salire sulla grande aquila. Rachel toccò le morbide piume del Pokémon. Zack Salì davanti a lei e gli diede un colpetto alla spalla.
    “Vai, vola verso Edesea!”
    Gli alberi cadevano, i Pokémon autoctoni del bosco fuggivano, o cercavano di nascondersi. Per loro non era semplice da comprendere. Una grande quercia stava per abbattersi sui ragazzi, ma con un’abile manovra, Braviary la evitò e volo su, in alto, verso il cielo blu.

    Zack stava basso lungo la schiena di Braviary, e Rachel lo stringeva in vita talmente forte da compromettergli il respiro. Il vento le spettinava i capelli, e le faceva uscire altre lacrime dagli occhi, questa volta però non c’entrava nessun implicazione emozionale.
    Andare sulla moto con Ryan non era la stessa cosa, ma fece finta che lo fosse, nonostante stessere volando a più di cento chilometri orari, ed a ben più di un chilometro dal terreno.
    “Siamo nella stratosfera, dannazione, possiamo scendere un po’?!”
    Zack rise.
    “L’aria è così pulita qui”
    “È rarefatta invece, stupido! Moriremo!”
    “Uff... scendi un po’ Braviary... ma te la sei voluta tu, Rachel”
    “Voluta? Cosa?!”. Neanche il tempo di finire la frase, che la ragazza fu letteralmente costretta ad emettere un urlo sovraumano. Braviary era in picchiata, e mentre Zack si stava preoccupando solo di non perdere la bandana, Rachel aveva la stessa preoccupazione riguardo la sua vita.
    “Stronzo!” urlava, e ciò non faceva altro che far ridere di più Zack.
    “Hai fatto un errore da principiante, cara... hai guardato giù”
    “Sai com’è! In caduta verticale non è che posso guardare altro!”
    “Va bene così, Braviary, non ci avviciniamo troppo al suolo, potrebbe cascarci qualcosa addosso”
    Braviary frenò, facendoli sobbalzare, e facendo in modo che Rachel cingesse ancor più forte la vita del ragazzo.
    “Giuro, che appena scendo da qui ti ammazzo di botte!”
    “Quante storie per un giretto su Braviary... c’è chi mi prega di farlo”
    “Ora ho capito che le tue amicizie non sono compatibili con le mie”
    “Poco male... se vuoi scendere qui fai pure” sorrise lui.
    Rachel ebbe l’avventatezza di guardare in basso. Il bosco era ormai un cumulo di alberi distrutti, che sarebbero spariti. Un forte incendio divampava, probabilmente qualche Pokémon fuoco doveva essersi spaventato.
    Prontamente i vigili del fuoco, assieme alla squadra dei Wartortle e dei Blastoise stavano cercando di spegnerla. Qualche vecchio palazzo era crollato, lungo la strada per Edesea, ma allungando lo sguardo verso la città degli intelligenti non si intravedevano né macerie né linee di fumo che sinuose si snodavano nel cielo.
    “Siamo arrivati... scendi, Braviary”
    Un’altra picchiata. E naturalmente un altro urlo sovraumano di Rachel. Non fu un’esperienza da ripetere, decisamente no. Ma erano arrivati sani e salvi ad Edesea.

    Ryan aprì leggermente gli occhi, e l’ancora mancata presa di coscienza impose al suo cervello di chiedersi, su una scala da uno, a dieci, quanto fosse normale che il lampadario oscillasse in quel modo.
    Gallade lo spinse. Non era la prima volta che succedeva che il suo Pokémon disturbasse il suo sonno, quella mattina.
    E, proprio come con quelle vecchie televisioni a cui bisognava dare una botta per farle funzionare, Gallade percosse ancora Ryan.
    Funzionava.
    Ryan si svegliò, il suo cervello partì al quarto colpo.
    “Dannazione, Gallade, che vuoi?” il tempo di aprire gli occhi, e vide Gallade esibirsi nell’attacco Psichico, mentre cercava di rialzare una grande libreria, da cui dei libri erano caduti. Se Gallade non fosse stato lì, la libreria sarebbe caduta addosso ad un dormiente Ryan, e probabilmente sarebbe rimasto a dormire per sempre.
    “Cazzo! Si è rotta... oppure... terremoto! Rachel!”
    Uscì dalla stanza dei genitori, in cui aveva dormito quella notte, e si avvicinò alla stanza della sorella. Grandi crepe si snodavano nel muro, la porta di quella stanza era quasi uscita dai suoi montanti.
    “Gallade, Breccia!”
    Gallade sfondò la porta. Pezzi di intonaco caddero sulle loro teste. Gallade e Ryan oltrepassarono l’ingresso in stanza, non curandosi del fatto che la terra stesse ancora tremando. Ryan contava sulla forza di Gallade, che avrebbe protetto entrambi.
    “Rachel! Rachel, dove sei!” Ryan si guardò attorno, né Zorua né Rachel erano lì.
    “Forse si sono nascosti...” pensò, prese a guardare sotto al letto, sotto la scrivania, nell’armadio. Niente... Rachel non era lì.
    Poi la finestra aperta.
    In inverno. Rachel era uscita dalla finestra.
    Ryan si incamminò verso la finestra, mentre Gallade usava Psichico per evitare che qualcosa lo colpisse.
    “Sì... è probabile che sia saltata dalla finestra per salvarsi. Ma... dal secondo piano... si sarà fatta male” ragionava con una lucidità che sembrava non appartenergli. “Andiamo a vedere, Gallade”
    Uscirono fuori, sotto la finestra. La siepe distrutta, ma non una macchia di sangue o un ciuffetto di peli.
    “Come diamine ha fatto? Rachel! Rachel! Sei qui?!” urlava lui.
    Gallade fermò il suo allenatore, e gli fece segno di no con il volto.
    Gli occhi di Ryan cominciarono ad inumidirsi. Salì sopra ancora, da vero incosciente, e tornò nella stanza di Rachel. Gli armadi ed i cassetti erano aperti. Ok, il terremoto avrebbe tranquillamente potuto causare cose del genere. Ma...
    Ryan guardò nei cassetti. Il primo era totalmente vuoto. Ed il secondo semivuoto.
    “Do-dov’è la sua roba? Dov’è Rachel?!”
    E poi collegò. Cassetti vuoti, finestra aperta, siepe ammaccata. Rachel era scappata.
    “No! Cazzo!”

    Zack e Rachel entrarono nell’università di storia di Edesea. Molti giovani erano in apprensione per il terremoto, qualcuno era rimasto ancora sotto i tavolini.
    “Aspetta qui, e stai attenta a tutto” le disse Zack, avvicinandosi ad un indaffarato uomo grassoccio, con la barba di qualche giorno, che aiutava ad evacuare i malcapitati.
    Rachel si prese del tempo per guardare un po’ Zack. Era un ragazzo dalla perfetta forma fisica, alto circa un metro e ottanta, snello. Occhi verdi brillanti su di un volto spigoloso. Naso puntuto, labbra normali per un uomo. Aveva la bandana in testa, ma i capelli si intravedevano. Erano di un marrone scuro, molto comune insomma.
    Il voluminoso zaino rimpolpava la linea della sua schiena. Indossava un bomber gilet rosso, maglione blu, abbastanza scollato, e quello strano ciondolo che gli pendeva al collo, dello stesso colore dei suoi occhi.
    Completavano l’opera un paio di pantaloni comodi e delle scarpe per ogni suolo.
    Pratico. Funzionale. E carino.
    Ma Rachel non l’avrebbe mai ammesso. Quel tipo aveva cominciato bene, ma non era riuscito a rimanere nelle sue grazie.
    Proprio in quel momento si stava chiedendo cosa diamine stesse facendo Zack.
    Lui finì di discutere con il tizio grassoccio, e poi si girò. Guardò Rachel, e le fece segno di raggiungerlo con la mano.
    Lei eseguì.
    Lo vide avviarsi lungo degli stretti corridoi, che come in un labirinto prendevano le più disparate direzioni. Arrivarono davanti ad una rampa di scale, la salirono, ed entrarono in un altro corridoio.
    “Ma dove stiamo andando?!” domandò lei, preoccupata.
    Lui non rispondeva. Aprì una porta, e fece per entrare, quindi allargò le braccia e si bloccò velocemente. Una voragine enorme si era aperta nel pavimento di quella stanza. Seduta su di un tavolo, gambe accavallate, c’era una donna.
    “Meno male, qualcuno si è ricordato di me” sorrise sarcastica quella.
    “Come dimenticarmi di lei, professoressa... per fortuna sta bene”
    “Sì... tranne qualche graffio. Fortunatamente i computer sono salvi”
    “Ah! Rachel, lei è la professoressa Alma, della facoltà di storia. Professoressa, lei è Rachel, una mia amica”
    “Piacere” Rachel cercò di sorridere in modo da sembrare sincera, ma la paura prevaleva sui suoi stati d’animo.
    “Zack... bisogna raggiungere la mia borsa lì...” fece la professoressa, indicando una mensola che reggeva per miracolo una borsa da donna.
    “E come ci arrivi lì?” domandò Rachel.
    “Lucario, pensaci tu...” disse, facendo uscire il Pokémon dalla sfera. “Devi prendere quella borsa, naturalmente senza cadere giù”
    Quello fece cenno di aver capito. Balzò, facendo un veloce salto verso il muro che reggeva la mensola, afferrò la borsa al volo, e facendo leva sui piedi si diede lo slancio per tornare indietro.
    “Ottimo Lucario” fece Zack, sorridendo, e facendolo rientrare nella sfera. “E la sua borsa è qui, professoressa. Ora?”
    “Dentro c’è una Poké Ball. Lì c’è il mio Ralts”
    “Ralts?” domandò Rachel.
    “Sì... fallo uscire, Zack”
    Detto fatto.
    Il piccolo umanoide dal grande casco verde si sentiva spaesato in presenza di tutte quelle persone.
    Poi vide la professoressa Alma, ed esplose in un gran sorriso.
    “Uscite dalla stanza... Ralts. Usa Distortozona”
    Ralts sorrise ancora, e delle linee luminose investirono la stanza, creando una griglia di luce.
    “Bene...” la professoressa con tutta calma prese a camminare sulla parete accanto a lei, come se la gravità si fosse spostata. “Grazie Ralts” disse quando poi fu in grado di tornare a camminare con i piedi sul pavimento. Quello vero.
    “Zack. Non ti aspettavo” sorrise quella. I recettori critici di Rachel si accesero, e come ogni donna cercò di trovare un difetto alla professoressa, fallendo miseramente. Era davvero bella.
    Una lunga treccia nera portava ordine sulla sua testa, facendo in modo che il viso, delicato, fosse esposto. Due occhi neri venivano leggermente coperti da un paio di occhiali, molto semplici, ma addosso a lei riuscivano addirittura a darle uno strano fascino. Naso piccolino, labbra piene, pronunciate, rosee, che sul marrone chiaro della sua pelle risultavano ancora più grandi. E belle.
    Il camice era chiuso, ma nascondeva delle curve da pin up. Non le avrebbe dato più di 33 o 34 anni
    Si chiese cosa ci facesse lì una donna come quella. Le avrebbe urlato di tornare a fare gli spogliarelli, e l’idea la fece sorridere.
    Nonostante tutto le piaceva l’idea che donne di tale bellezza non si fossero ridotte nello stereotipo moderno. Nude a ballare in qualche salotto televisivo.
    Alma era una studiosa. E questo le piaceva.
    “Professoressa... lei una volta mi parlò di... di una profezia”
    “Ce ne sono molte, mio caro” disse la donna, cominciando a camminare per il corridoio. Scesero le scale e tornarono nell’atrio.
    “Sì, ma me ne parlò di una in particolare”
    Alma si fermò e lo guardò. “Illuminami”
    “È quello che io vorrei da lei... parlo della profezia di Arceus”
    Alma pronunciò le labbra ed inclinò la testa verso destra. “Ok... ci serve un posto tranquillo dove parlare”
    Alma, Rachel e Zack salirono sulla Toyota della donna, e raggiunsero una radura. L’erba era bruciata dal freddo, dei sassi erano sparsi qui e lì, e c’erano delle buche. Probabilmente qualche Digglett viveva nei dintorni.
    I tre scesero dalla macchina.
    “Perché ci ha portato qui?” domandò incuriosito il ragazzo.
    “Perché hai colto perfettamente nel segno, Zack... questi terremoti, gli incendi... sono frutto di una profezia” fece la donna, andando ad aprire il portabagagli dell’auto. “Se qualcuno sentisse le mie parole, si cadrebbe nel panico. La notizia è di massima riservatezza. Ed io sono una delle poche fortunate addette ai lavori”
    La donna prese un pc portatile, e lo accese.
    “Quindi siamo qui perché nessuno ci deve sentire?” domandò Rachel.
    “Esatto. Ed è inutile dirvi che questa cosa è top secret”
    “Certo professoressa” rispose Zack.
    “Bene. Circa mille anni fa, in questa zona si combatté una dura e sanguinosa guerra. Vi erano due schieramenti. Gli ingiusti, che utilizzavano i Pokémon come armi, comandati da Nestore, e dal generale Adamo. E l’altro era quello dei Templari, a difesa del tempio. I Pokémon di questo schieramento erano soldati, che avevano scelto di arruolarsi per combattere. Erano comandati da Timoteo”
    “Perché combatterono?” domandò Rachel.
    “Per un cristallo” rispose lei, mostrandone una probabile riproduzione al pc. “Questo era un cristallo speciale. Era in grado di mettere in contatto determinati tipi di persone con Arceus”
    “Arceus?! Il leggendario Pokémon?!” fece stupita la ragazza.
    “Già. Nel tempio viveva una giovane donna. Si chiamava Prima. Prima era l’oracolo della nostra regione, l’unica persona in grado di mettersi in contatto con Arceus, tramite il cristallo”
    Zack ascoltava attentamente.
    “Quella fu una guerra sanguinosa. Morirono migliaia di individui, tra Pokémon ed umani. E questo ad Arceus non piacque. Quando Prima si mise in contatto con lui, quello profetizzò la distruzione delle nostre vite partendo dal suolo che calpestiamo, se i Pokémon non fossero lasciati liberi di vivere le proprie vite in quanto esseri viventi”
    “Quindi...” Rachel sbiancò più del normale.
    “Quindi Arceus si è venuto a prendere quello che è suo. E con tutta probabilità, ad Hoenn, i terremoti sono causati dal Pokémon Groudon. Arceus si sta servendo di lui per abbattere le città. Ed in qualche modo deve essere fermato”
    “E come si può fermare Groudon?”
    “Il problema non è fermare Groudon. Il problema è fermare Arceus. Perché si servirà degli altri Pokémon per completare l’opera”
    I ragazzi rimasero in un silenzio titubante.
    “Calmatevi. Le più grandi menti della nostra nazione stanno cercando un modo per far terminare questo incubo. E credo che sia ora di andare a mangiare qualcosa” sorrise.

    Alma aprì la porta, e guardò il suo appartamento. Perfettamente in ordine.
    “Questi palazzi sono incredibili. Attutiscono ogni oscillazione...” fece quella. “Accomodatevi”
    “Grazie, professoressa, fece Zack, poggiando lo zaino per terra. Rachel fu in grado di sentirlo sospirare di sollievo.
    “Rachel... accendi la tv” chiese Alma.
    Rachel, un po’ spaesata, trovò il telecomando ed eseguì.
    “Notizia straordinaria! Il Monte Camino, il vulcano di Cuordilava, ad Hoenn, ha eruttato una grande quantità di lava! I villaggi limitrofi, tra cui Cuordilava, appunto, Mentania e Brunifoglia sono stati coinvolti dalla discesa lavica. Sembra che si siano aperti tre grossi crateri sulle pareti a sud-ovest, ovest e nord-ovest del vulcano, dopo l’ennesima scossa di terremoto. Vari studiosi sono venuti qui per studiare il fenomeno, tanto spettacolare quanto distruttivo”.
    Sul volto di Alma apparve della preoccupazione. Smise di fare quel che faceva e zampettò velocemente davanti alla tv.
    “Adesso con noi c’è il Professor Oak, assieme ad un’altra autorità, il Professor Birch. Dopo una lunga intervista, siamo riusciti a capire che il motivo di questi terremoti è dovuto al risveglio di un Pokémon dalla leggendaria forza, Groudon. Tutt’ora non siamo in grado di individuare dove sia di preciso locato Groudon, ma si teme per la vita di tutti gli abitanti di Hoenn. Dopo il risveglio di Groudon c'è paura che venga seguito da quello di Kyogre, nomi che portano alla mente antiche storie su di una lunga battaglia tra i due. Secondo il professor Birch, l’unico modo per evitare questo scontro leggendario, e soprattutto per fare in modo che i fenomeni sismici qui ad Hoenn terminino, è la cattura. È stata contattata dal Professor Oak, un’esperta di catture, proveniente da Jotho, che dovrebbe riportare la situazione alla normalità. Da Cuordilava è tutto, Tea vi saluta”
    Il silenzio piombò forte nella stanza. Poi un forte sfrigolio proveniente da una padella rimise in moto i pensieri della professoressa.
    “È... sconcertante...” sospirò Rachel. Si sentiva davvero impaurita da quella situazione.
    “Già” convenne Zack.
    “Beh... fortunatamente Hoenn è lontana da qui. Ed il fatto che si sia attivato il Professor Oak mi rassicura. Ma il problema è che qui non sappiamo l’ira di quale Pokémon si possa abbattere su di noi. Si dovrebbe cercare Arceus, e fermarlo”
    “Già...” sospirò Rachel.
    “Per fare questo dobbiamo trovare il cristallo” osservò Zack.
    Il silenzio veniva interrotto ritmicamente dalle lancette di un orologio appeso al muro.
    Poi Rachel si rese conto pienamente delle parole di Zack.
    “Che cosa?! Che vorresti fare?!”
    “Trovare il cristallo, Rachel! Dobbiamo parlare con Arceus!”
    “Non basta un confessionale ed un sacerdote?”
    “Finiscila di fare la pappamolle, suvvia! Sarà elettrizzante!” sorrise lui.
    “Io non sono pappamolle...” s’imbronciò lei, poi si alzò e si sedette al tavolo.
    “Dove potremmo trovare il cristallo?” chiese il ragazzo.
    Rachel fece spallucce, e lui fece segno con la testa che la domanda era stata posta alla professoressa Alma.
    “Beh... non saprei... se ne sono perse le tracce tanto tempo fa”
    “E da allora non abbiamo più un colloquio con Arceus?!”
    “Proprio così. Forse esiste qualche antica leggenda che ne parla. Io sono specializzata su fatti realmente accaduti e documentati, non su vecchie storie. Forse però conosco il tipo che fa per voi”
    “Ah... e chi sarebbe?”
    Alma portò a tavola il pranzo.
    “Un anziano signore di Kanto. Mr. Fuji, dovrebbe vivere nei pressi di Lavandonia”
    “Non mi dice nulla questo nome” ragionò Zack.
    “È il proprietario della Casa Memoria se non sbaglio” disse Rachel.
    “Esatto, Rachel. È un uomo molto anziano, e potrebbe sapere qualcosa”
    “Ottimo” sorrise Zack.

    Dopo mangiato, Rachel e Zack si recarono in un centro Pokémon. Alma aveva cucinato davvero in modo divino. Probabilmente non esisteva essere umano migliore di lei.
    Zack si avvicinò al videotelefono.
    “Non credo che Mr Fuji abbia un videotelefono...” osservò Rachel.
    “Donna di poca fede...” si limitò a dire, mentre componeva un numero.
    “Vuoi dire che ha un videotelefono?!”
    “No”
    Allo schermo comparve un ragazzo. Era giovane, doveva avere sui 25 anni. Ricci capelli di un castano chiaro gli circondavano un viso dall’aria gioviale. Nonostante ad una prima occhiata potesse risultare un volto forse un po’ infantile, la giovane vide che i suoi occhi erano vivi e soprattutto svegli. “Zack! Ciao!” esclamò quello.
    “Ciao, Bill...”
    “Bill! Quel Bill?!” rabbrividì Rachel.
    “Che succede di bello?”
    “Mah, di bello proprio niente... ti vorrei presentare Rachel, una mia cara amica”
    “Ciao cara amica. A che devo la tua insolita chiamata?”
    “Ecco... ho bisogno di parlare con Mr Fuji riguardo ad una vecchia leggenda”
    Il giovane dall’altro lato del monitor sgranò gli occhi. Poi riprese l’espressione tranquilla che aveva all’inizio della chiamata.
    “Oh. Ok... però mi ci vorrà un po’ per ottenere la sua attenzione” si limitò a commentare.
    “Beh, digli che c’entra Arceus, è che è di vitale importanza”
    Stavolta la sua espressione stralunò totalmente. Strabuzzò gli occhi sentendo nominare il Pokémon leggendario. “Cosa?!”
    “Non fare domande...” rispose pazientemente Zack.
    Scosse la testa, mantenendo un’aria incredula. “Sei sempre il solito... beh... domani a quest’ora riceverete una telefonata su questo videotelefono. Non posso fare di più”
    “Va già benissimo così”
    “Mi devi un favore”
    “Oh, fidati che ne dovrai uno tu a me...” sorrise Zack, salutandolo e chiudendo la comunicazione.
    “Conosci Bill?! È incredibile!” esclamò Rachel.
    “Già... è una brava persona”
    “Come fai a conoscerlo?”
    “Te l’ho detto che ho viaggiato molto”
    “Sei stato a Kanto?”
    “Anche. Ho visto molte cose, e col tempo ho imparato che chiunque, anche tu, piccola Rachel” Zack si avvicinò in modo pericoloso al volto della ragazza “...puoi fare la differenza”. Lui le prese il mento con le prime due dita.
    “Giù le mani, pistolero”
    Zack sorrise. “Sto scherzando. Tu invece? Per quale motivo scappi?”
    “Lasciamo perdere... piuttosto, dove passeremo la notte?”
    “Credo che Alma non avrà problemi ad ospitarci”
    “E tu dormirai con lei?” chiese giocando lei.
    “No... la professoressa è solo una cara amica. Bellissima, ma solo una cara amica”
    “Beh... ti vedrei bene con lei”
    “Troppo grande per me”
    “Una donna del genere colpisce ad ogni età” sorrise quella.
    Lui si limitò ad annuire.

    L’uomo biondo, dai lineamenti affilati sedeva sul sedile posteriore di una lunga auto scura. I vetri fumé impedivano di scorgerlo dall’esterno, ma d’altra parte lui non sembrava troppo interessato a ciò che si trovava al di fuori dell’auto. La giovane autista dai dread neri, al pari della sua carnagione, guidava concentrata, cercando di evitare quanto più possibile che l’auto soffrisse degli effetti del terremoto causati alla strada. Teneva la punta della lingua fra i denti, in una inconscia forma di concentrazione.
    “Siamo quasi arrivati” proclamò quando la piccola casa a tre piani fu finalmente in vista.
    L’uomo non le rispose, si limitò a sospirare pesantemente, annoiato. Tuttavia, in quegli occhi color ghiaccio si accese una scintilla.

    Ryan si trovava seduto sul divano del salotto. Sapeva benissimo quanto restare in casa fosse pericoloso, ma si sentiva svuotato. La scoperta della fuga della sorella lo aveva prosciugato di tutte le energie e nonostante la vicinanza del proprio Pokémon non riusciva a far altro che a restare lì, a vegetare sul divano nel salotto distrutto. Aveva il volto fra le mani ed i capelli dorati gli ricadevano di pochi centimetri davanti agli occhi, occhi che erano cerchiati dalla stanchezza e dall’improvviso stress che le ultime 12 ore gli avevano lasciato cadere addosso. Sapeva che sarebbe dovuto andare a cercare la sorella, sapeva che non poteva lasciar correre e che ora più che mai la situazione lo richiedeva, ma dopo aver fatto un rapido giro dei dintorni e aver chiamato alcuni suoi conoscenti si rese conto che non aveva la forza fisica per farlo.
    Era lì, quando qualcuno bussò alla porta di casa. Si alzò di scatto, provocandosi un capogiro tale da doversi appoggiare alla spalliera del sofà per reggersi in piedi.
    Quando aprì la porta rimase per un attimo interdetto. Dentro di sé sperava fosse Rachel, tornata a casa impaurita dalla situazione o comunque qualcuno che gli portasse notizie della ragazza.
    La coppia che si trovò davanti e che non corrispondeva a nessuna delle situazioni che si era immaginato era composta da una ragazza sconosciuta e da un uomo vestito elegantemente. Fece istantaneamente un passo indietro, come se cercasse di valutare la situazione. Prima che potesse riuscirci, l’uomo parlò.
    “Eravamo venuti per il professor Livingstone... anche se vista la situazione non eravamo molto fiduciosi di trovare qualcuno in casa”
    La voce dell’uomo era calma, profonda. Ryan impiegò qualche secondo per capire il significato di quelle parole.
    “Credo che siate arrivati tardi, allora.” rispose stancamente il ragazzo “Mio padre è morto tre anni fa”.
    L’uomo sbarrò gli occhi, stupito.
    “C-cosa?” la sua voce era agitata e deglutì pesantemente.
    Nonostante tutto Ryan non era in condizione di ascoltare le parole dell’uomo e si limitò a rispondere seccamente
    “Esattamente quello che le ho detto. Sono passati più di tre anni dalla morte di mio padre. Ora, se vuole scusarmi...”
    La ragazza si intromise, fermando con una mano la porta prima che Ryan la chiudesse.
    “Aspetta, per favore!” la voce era agitata quanto quella dell’uomo. “La questione è della massima importanza... Anche pochi minuti, ma ti prego, ascoltaci”
    Il ragazzo li trovò decisamente seccanti, tuttavia era stato in grado di percepire la disperazione dietro quella voce, sospirò pesantemente, prima di riaprire la porta.
    “Mi auguro per voi che siano davvero solo pochi minuti. Purtroppo il momento non è dei migliori nemmeno per me, quindi se non vi dispiace seguitemi e arrivate dritti al sodo”
    Li portò in cucina, dove i danni alla casa erano stati minori, a parte qualche pensile caduto e numerosi cocci sparsi sul pavimento che il ragazzo non si era preso la briga di ripulire. Una volta seduti attorno al tavolo l’uomo riprese parola.
    “Mi chiamo Lionell Weaves, e conobbi il professore diversi anni fa, ad uno dei suoi convegni. Mi affascinò totalmente con la sua argomentazione sulle leggende della regione, di cui tutt’ora lo ritengo il più grande conoscitore...” i suoi occhi vagarono sulla stanza, come se stesse chiedendosi come potesse un uomo dell’altezza intellettuale del professor Livingstone vivere in condizioni simili. Scosse leggermente la testa, smuovendo i capelli biondo platino prima di continuare a parlare.
    “Ci sentimmo frequentemente, e finanziai una sua ricerca, quella che fu la base di tutti i suoi studi futuri. Ero affascinato dal suo modo di parlare, dal suo interesse continuo. Ero rimasto affascinato da lui stesso. Ci scambiammo alcune lettere tramite l’università ad Edesea, ma alcuni anni fa dovemmo salutarci. Le mie condizioni di salute non mi permisero di continuare ad incontrarci e pian piano anche i nostri contatti andarono persi.” lo sguardo dell’uomo era perso, volto al passato, verso dei ricordi che Ryan non poteva conoscere.
    “Mi parlò più di una volta della sua famiglia, e di conseguenza di te. Era molto fiero di suo figlio. Anche tu dovresti essere fiero di tuo padre.”
    Ryan lo aveva lasciato parlare, ma davanti a quell’affermazione schioccò la lingua seccato.
    “Non sarà certo uno sconosciuto a dirmi di essere più o meno fiero del mio vecchio. Finora ti ho lasciato parlare, ma i patti erano altri. Voglio sapere perché siete venuti qui e cosa volete. Dopodiché preferirei che ve ne andaste, come ho detto sono in una situazione delicata” gli occhi cremisi del giovane erano freddi, e la ragazza distolse lo sguardo dal ragazzo, come se non riuscisse a sostenerne la visione. In quel momento Lionell si rese conto che lo sguardo di quello che lui valutava come un semplice ragazzino era quello di un predatore.
    “Riguarda i terremoti.” iniziò “Tuo padre stava studiando una vecchia leggenda e gli ultimi eventi mi danno da pensare che non fosse solo una vecchia storia...” si fermò un attimo, pesando bene le parole.
    “Lui era il maggior esperto, forse l’unico che saprebbe comprendere davvero la situazione... Ma se non c’è più siamo tutti in grave pericolo.”
    Ryan lo osservò, senza variare l’intensità del suo sguardo.
    “Ma è così che stanno le cose. Ed è qualcosa che non può essere cambiato.”
    L’uomo annuì brevemente.
    “Lo so, ma non possiamo arrenderci così. Ragazzo, Ryan, se non erro, ho bisogno del tuo aiuto. Tu sei il legame più stretto di quell’uomo... e l’unico che forse può aiutarci a raccogliere tutta la sua documentazione... più di una volta mi disse che lo aiutavi come assistente nelle sue ricerche, quindi sei l’unico che può sostituirlo e salvare questo paese”
    Tacque, sostenendo lo sguardo di Ryan e fissando il ragazzo dritto negli occhi.
    “Come assistente mi spiace, ma l’unico aiuto che gli davo era il trasporto delle scartoffie... e ora non posso. Mia sorella è scomparsa... Rachel... è uscita stamane... e devo cercarla. Devo almeno aspettarla, se dovesse decidere di tornare”
    Lionell ascoltò le sue parole ed annuì.
    “Marianne, l’hai sentito?”
    La giovane mulatta annuì a sua volta.
    “Di quello non dovrai preoccuparti. Mi occuperò personalmente di rintracciare la ragazza... basta che tu mi dia una sua descrizione, una sua foto ed anche un suo vestito... Forse non lo sai, ma non siamo un duo di mecenati interessati alla mitologia... siamo membri di un grande gruppo. Abbiamo i mezzi e le energie per aiutarti.” Gli occhi, colorati di un verde acceso, chiari ed intensi, fissavano il giovane, determinati.
    Per un attimo Ryan tentennò, l’avrebbero davvero ritrovata? Sarebbero davvero stati in grado di riportarla a casa?
    La ragazza prese il suo silenzio come un assenso. Gli si avvicinò, prendendogli la mano.
    “Possiamo aiutarti, davvero. In cambio del tuo aiuto potremo fare di tutto, ci bastano anche i vecchi appunti di tuo padre... qualunque cosa, adesso, può fare la differenza”
    La sua voce sembrava supplichevole, tanto che il ragazzo tardò a divincolarsi dalla stretta della ragazza.
    “Lo farai, Ryan? Ci permetterai di salvare questa regione e non solo?”
    Il ragazzo li osservò ancora per un istante, dubbioso. Alla fine annuì.
    Non riuscì a non perdersi nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni.
    “Rachel... dove sei?”
     
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