Pokémon: Back to the Origin

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  1. Rachel Aori
     
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    Capitolo 4° - Decisioni


    “È la sera che mi piace. A dire il vero è il momento della giornata che preferisco di più. La gente per le strade è poca, il sole non illumina tutto... e non ti fa vedere quello che c’è...” sospirò Zack.
    La casa di Alma era davvero calda, e nonostante fuori ci si avvicinasse allo zero, i ragazzi godevano della temperatura e dell’ottima scelta della professoressa di montare un condizionatore.
    Alma scribacchiava qualcosa su di un quaderno, seduta al tavolo della cucina, e non faceva caso alle parole del giovane, mentre un sassofono risuonava dalle casse di una radio polverosa e stagionata.
    Rachel rimaneva li ad ascoltare le parole del ragazzo, cercando di capire per quale motivo si trovasse lì.
    Sì, scappava da Ryan. Ed il motivo preciso non lo sapeva nemmeno bene.
    In fondo Ryan l’aveva sempre trattata con dolcezza e le aveva dato tutto l’amore che un fratello le potesse dare.
    La rabbia, però, imbruniva il suo viso, increspava la superficie liscia dei suoi occhi, inclinava la forma a cuore delle sue labbra, a formare qualcosa di diverso. Qualcosa di spontaneo, che non si riusciva a nascondere.
    “...non sempre siamo obbligati a guardare quello che l’universo ci impone di vedere. Qualche volta basta chiudere gli occhi. Ed immaginarsi una vita nuova. Normale.”
    Il ragazzo pose le mani sul vetro, congelato, e come se avesse perso le forze, vi poggiò anche la fronte.
    Un respiro caldo creò la condensa sul vetro, e lui, scoraggiato, vi scrisse sopra “Why?”.
    Poi si arrese alla stanchezza e alle emozioni del giorno, e se ne andò a dormire.
    Rachel lo vide, e decise di darsi un contegno. Risistemò l’equilibrio del suo volto, e poi si alzò.
    Si avvicinò alla finestra, lesse la scritta, ormai sbiadita, su quel vetro che sembrava essere di ghiaccio, e guardò la porta chiusa dove Zack si era rifugiato.
    “Che cosa ha passato per buttarsi giù in questa malinconia così velocemente?” si domandò tra sé e sé.
    “Il passato pesa, Rachel” rispose Alma, noncurante di tutto ciò che avveniva attorno a lei. Almeno di tutto ciò che non facesse rumore.
    “Non lo dica a me... ma... è strano. Stamattina sembrava così energico, e ieri era gentile. Oggi pomeriggio riflessivo, mentre stasera era depresso”
    “È un tantino lunatico, il ragazzo, c’è da ammetterlo. Ma ci deve essere qualcosa che gli toglie la serenità. Ecco perché parte sempre all’avventura. Cerca un modo di abbandonare i suoi pensieri”
    “Ma questo non è possibile...” realizzò Rachel, a bassa voce.
    “Esattamente”
    “E cosa gli è successo?”
    “Io non lo so. Abbiamo un buon rapporto, io e Zack, ma non si è mai aperto volontariamente con me. Ed io non sono una persona che di solito chiede”
    Rachel fece una smorfia col volto, consapevole che la professoressa non avrebbe potuto vederla, in quanto concentrata nella stesura di qualcosa. E la smorfia stava per: “è naturale che tu non chieda mai, bella come sei non hai mai avuto bisogno di chiedere niente”. La sua voce interna sembrava un tantino infastidita, ma lasciò correre, e tornò a guardare il vetro.
    Why? Perché? Il suo passato. E poi Ryan comparve nella sua testa, a sprazzi, come un lampo, più volte. Digrignò i denti, Rachel, ed abbassò il volto. I capelli corvini le ricaddero davanti, rendendo impossibile a chiunque volesse il mettere a fuoco il suo viso. Ma tanto Alma non sembrava essersene accorta.
    “Da dove viene, Zack?” domandò la ragazza, cercando di cambiare discorso, per distrarsi da quelle epifanie costanti e fastidiose.
    “La sua famiglia è originaria di Adamanta. Ma lui è nato a Kanto. A Celestopoli, per la precisione”
    “Non ci sono mai andata”
    “È da vedere. Una bella cittadina”
    “Ed è partito da lì”
    “Sì. Circa 10 anni fa”
    “Ok... bene...”. E poi calò il solito silenzio imbarazzante di quelle situazioni. Fu quasi forzato, Rachel vedeva Alma impegnata a scrivere, e non aveva alcuna intenzione di disturbarla. Almeno non più di quello che già faceva.
    “Ehm... che... che cosa sta...” Rachel allungò le mani puntando il quaderno, e mutilando la sua frase sul punto di domanda.
    “È un promemoria per voi, ragazzi”
    “Cosa?!”
    “Promemoria” sorrise Alma, per via del tono di voce della giovane. Per la prima volta alzò gli occhi dal quaderno e la guardò. “Vi sto annotando alcune cose importanti riguardanti la leggenda e l’utilizzo del cristallo. Purtroppo risulterà inutile se non troverete una persona con le giuste caratteristiche”
    “Ovvero? Quali sono?”
    “Beh... la leggenda parla di una donna, vergine, e dall’animo realmente puro e devoto”
    “Andremo a cercare in un convento” sorrise Rachel. Riuscì a strappare un sorriso ad Alma.
    “Bene. È tardi. Ti preparo una coperta... il divano non sarà comodissimo, ma è il massimo che posso offrirti. A meno che tu non voglia dormire con Zack”
    “Non credo sia il caso, no. Il divano andrà più che bene”
    “Lui è entrato automaticamente lì, perché quando viene ad Edesea soggiorna da me, di solito”
    “Oh, certo. Sì, naturalmente”
    “Ok”
    La bella donna, che finalmente aveva visto senza camice, si dileguò, e tornò dopo poco con delle coperte ed un cuscino.
    “Domattina io scenderò presto. Spero di non svegliarti”
    “Non si preoccupi”
    “E dammi del tu. Non sono così vecchia”
    Rachel sorrise. “Ok, Alma. Buonanotte, e grazie”
    Alma sparì, e Rachel si preparò per andare a dormire.
    Davanti allo specchio, fievolmente illuminato da una lampadina sulla via di non ritorno, si pettinò per bene i capelli con la spazzola che si era portata da casa, mentre Zorua, che aveva fatto uscire attimi prima, si stiracchiava. Non era abituato a rimanere nella sua sfera, ma per forza di cose, il pavimento non era più un posto tranquillo.
    “Eh... Zorua, eccoci qua... protagonisti della nostra storia... il nostro viaggio”
    Zorua la guardava, ma non riusciva a capire il senso delle parole della giovane.
    “Partiremo con Zack, cercheremo di salvare Adamanta. In realtà credo che la cosa avrà effetti planetari... ad ogni modo è una cosa importante. Tu sarai con me?”
    Zorua saltellò sulle gambe di Rachel, e si appallottolò.
    “Questo è un sì...” sorrise.
    La ragazza continuava a spazzolare, chiedendosi perché avrebbe dovuto seguire Zack in quella folle impresa. Insomma, oltre ad essere un totale sconosciuto, che le aveva salvato la vita, ma dettagli, non sapeva niente di lui. Poteva essere un violentatore, uno stupratore, un maniaco feticista o chissà cos’altro. No, non era saggio partire all’avventura per salvare il mondo.
    Sorrise. Quanto era mainstream quella cosa. Stavano andando a salvare il mondo.
    Le piaceva la cosa. Le piaceva molto.
    Ma con uno sconosciuto... cioè... le sembrava improbabile.
    Era stata catapultata all’improvviso in un mondo strano, fatto di doveri e di persone straordinarie, capaci di stupirti con incredibile semplicità.
    Zack era bravo abbastanza per riuscire da solo in quella strana ed improbabile avventura.
    Insomma, aveva paura di sentirsi d’intralcio. Magari avrebbe fatto danni, casini, che avrebbero rallentato il ragazzo.
    Quello strano ragazzo.
    Sbuffò. I pensieri si annodavano nella sua testa come se all’interno vi fosse il migliore dei marinai.
    Almeno non pensava a Ryan.
    “Oh, cavolo!”
    Aveva pensato al fatto che non lo stava pensando, e si rese conto di averlo pensato. Zorua fu leggermente disturbato dalla stizza della ragazza, ma non si svegliò.
    I capelli erano pettinati, fin troppo. Li legò in una pratica coda, e decise che quella giornata doveva decisamente finire.

    Era notte fonda, ma Ryan aveva finito da poco di caricare i documenti del padre presenti in casa sul furgoncino dei sottoposti di quello strano tizio. Quando, nel pomeriggio, altri sconosciuti avevano cercato di entrare in casa per prendere la documentazione presente, il ragazzo si era fermamente opposto. Non voleva che degli estranei frugassero in casa sua, anche solo per pochi minuti.
    Ora che il camion era carico Ryan era di nuovo seduto in quel che restava del soggiorno, mentre Lionell e la ragazza al suo fianco (che aveva scoperto si chiamasse Marianne) discutevano su quale via fosse meglio percorrere viste le condizioni del manto stradale. Non ne sapeva molto di loro, l’uomo gli aveva accennato che era a capo di un’associazione paragonabile ad un gruppo di vigilantes. Il loro nome era Omega Group. Gli era stato detto che avevano una sede principale a Timea, ma anche altre succursali in vari punti della regione, erano economicamente indipendenti grazie all’incredibile fiuto per gli affari del loro fondatore e spesso partecipavano ad opere filantropiche.
    Niente di tutto questo lo interessava.
    Ma capire le reali dimensioni dell’organizzazione che aveva di fronte e sapere che sarebbero state impiegate anche per cercare Rachel lo tranquillizzava abbastanza da costringerlo a cooperare. I suoi occhi cremisi erano cerchiati dalla stanchezza. L’orologio era caduto e si era fermato durante la prima scossa di terremoto e non aveva idea di quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che avesse dormito decentemente.
    ‘Sembrano essere passati secoli...’ pensò stancamente. Lionell gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla.
    “Immagino che sarai distrutto, ragazzo.” disse calmo “Questo posto non è più sicuro per dormirci. Vieni con noi a Timea. Lì potrai sapere subito se avremo notizie su tua sorella e appena saprai potrai raggiungerla immediatamente.”
    Si accorse di non riuscire a distinguere le parole dell’uomo come avrebbe voluto, la stanchezza iniziava a compromettere seriamente le sue capacità. Tuttavia, da quel che poteva capire, la proposta era sensata.
    “In più devi darci una mano con il lavoro di tuo padre. Abbiamo davvero bisogno di te” Gli tolse la mano dalla spalla, mentre tornava a parlare con la ragazza.
    Ryan fu solo vagamente cosciente di aver annuito.
    Salì sul furgone assieme a Marianne e sprofondò in un sonno profondo e nero.

    La porta di casa si chiuse leggermente, ma era riuscita ugualmente nell’intento di svegliare Rachel.
    Quel divano era più scomodo di quanto pensasse. Zorua, al contrario di lei, sembrava essere fresco e riposato.
    Mosse lentamente le spalle, con la paura di rompersi qualche osso, mettendosi a sedere. Zorua rotolò pigramente sul cuscino, riscaldato dalla testa della sua allenatrice.
    “Ben svegliata” disse Zack, con un accenno di sorriso.
    Era seduto al tavolo, proprio dove Alma era seduta la sera prima, con una tazza di caffellatte in mano mentre sfogliava un quaderno.
    “Ciao”
    “Dormito bene?”
    “Tutt’altro. Che fai?”
    “Colazione”
    “Intendo l’altro...” indicò con l’indice della mano sinistra. “Cosa leggi?”
    “Ah. Sono gli appunti che ci ha lasciato la professoressa”
    “Posso leggerli anche io?”
    “Devi. Altrimenti non potrai accompagnarmi”
    Rachel si stiracchiò, stendendo le mani al cielo, e stringendo i pugni, poi crollò di nuovo distesa, accanto al volto di Zorua, che si spaventò, e si alzò di scatto, abbaiando.
    “Calmati, Zorua, sono io...” fece tranquilla Rachel.
    “Allora? Andiamo?”
    “Dove vuoi andare?”
    “Ad allenarci”
    “Allenarci?”
    “Già. Non dimenticarti che hai appena catturato un Blitzle, e che non hai nemmeno fatto la sua conoscenza”
    “Hai ragione. Devo allenarmi”
    “Non puoi partire all’avventura senza essere sufficientemente pronta”
    Rachel si alzò ed andò a sedersi accanto a lui. Si versò una tazza di caffellatte e guardò Zack.
    “Hai deciso da solo che ti dovessi accompagnare”
    “Non sei d’accordo?”
    “Non è questo. È che non ti conosco nemmeno, non vedo perché debba seguirti. Potresti anche essere un delinquente”
    “Non lo sono”
    “E a me chi lo dice?”
    “Mi piace la tua compagnia. E dopo quello che è successo al bosco pensavo che... insomma... fossimo dentro questa storia insieme...”
    Rachel pensò a Braviary e gli vennero i brividi. “Io dovevo andare a Timea...”
    “...a portare qualcosa ai tuoi zii, sì, lo so, ma non ti sembra ridicola come scusa?”
    “Non sono brava a mentire” sorrise lei, portando la mano alla testa.
    “Avanti... che sarà mai? È un’avventura!”
    L’entusiasmo di Zack strappò un altro sorriso alla ragazza. Lo guardava, era lì, con i capelli arruffati, gli occhi verdi ed uno strano pigiama blu, assieme al suo immancabile sorriso smagliante.
    Le doleva ammetterlo, ma quello strano e odioso ragazzo, che sembrava essere perfetto, ma anche l’essere umano più sbagliato della terra, era carino.
    “So che è un’avventura... ma ho paura”
    “Di cosa?”
    “Di perdermi”
    “E cosa c’è di brutto nel perderti, quando non sai dove andare?”
    Rachel sbatté le palpebre, abbassando gli occhi. Zack aveva ragione.
    “Puoi fidarti di me. Oppure no, non farlo. Ma resta il fatto che, anche se ci conosciamo da pochissimo tempo, mi sei simpatica. Ed ho bisogno di qualcuno che mi segua, che mi faccia compagnia e che mi spalleggi. Potrei trovare qualcosa di troppo forte da fronteggiare da solo. In un certo senso... sì, ho bisogno che mi aiuti”
    “Hai bisogno di me?”
    “Sì”
    “Perché proprio io?”
    “Perché non tu?”
    Rachel sorrise. E poi annuì. “Ok... ti seguirò. Partiremo insieme”
    “Ottimo!” esclamò Zack, talmente pregno di energia che cadde dalla sedia.
    I due si vestirono, e raggiunsero lo spiazzo dove il giorno prima Alma li aveva messi al corrente della leggenda di Arceus.
    Zack era di fronte a Rachel, Braviary si manteneva in aria sbattendo energicamente le ali.
    Era una lotta.
    “Vai Wizard!” gridò la ragazza mentre dalla sfera uscì l’esemplare di Blitzle che aveva catturato il giorno prima.
    “Wizard?” Il ragazzo la guardò incuriosita, mentre inclinava la testa.
    “È il suo nome. L’ho appena deciso.” replicò Rachel soddisfatta dell’aria sorpresa di Zack.
    “Dai soprannomi ai tuoi Pokémon? Lo ha anche il tuo Zorua?” Continuò a interrogarla il ragazzo, con i brillanti occhi verdi a metà fra lo stupito e il divertito.
    “Bé... no. Ma lui è speciale. È stato il primo Pokémon che io abbia mai catturato. Un momento magico” annuì ancora più soddisfatta la giovane.
    “Oh. Ok. Bé, per me possiamo cominciare” decise di concludere lui, accettando il nomignolo del Pokémon della ragazza e l’inspiegabile soddisfazione che le procurava.
    “Ma Blitzle è un Pokémon elettrico. Non sarà difficile per Braviary?” domandò ingenuamente Rachel.
    Zack sorrise. “Braviary è abituato a questo ed altro. Piuttosto, conosci le mosse e le caratteristiche del tuo Pokémon?”
    “Sul Nintendo era facile da allenare”
    “Questa è la vita vera”
    “Ne sono al corrente. Wizard, usa scintilla!”
    Blitzle soffiò l’aria con il naso, battendo lo zoccolo per terra. La sua criniera cambiò colore, e partì un fendente fatto d’energia elettrica, in direzione di Zack e Braviary.
    “Dannazione! Braviary, volo!” urlò Zack, gettandosi velocemente per terra, nel tentativo, vincente, di evitare l’attacco di Blitzle. Braviary non fu così fortunato, ma sembrò non aver subito grossi danni.
    “No, Wizard! Non attaccare anche Zack! Lui è nostro amico! Ed anche Braviary... ma lui deve andare al tappeto”
    Zack si rialzò, ed guardò il suo Pokémon, in alto, mentre aspettava il momento migliore per attaccare.
    “Attento, Blitzle! Sta per scendere in picchiata!”
    “Attendi Braviary!” urlava l’altro.
    Rachel ragionò. Quel Pokémon uccello era molto potente. Doveva cercare di evitare l’attacco.
    “Wizard! Doppioteam!”
    “Non può usare quella mossa, se non gli viene insegnata!” urlò Zack, dall’altra parte del campo.
    “Eh?!”
    “Uff... Braviary, attacca!”
    “No, Blitzle! Attento!”
    Ma Braviary lo colpì in pieno. Bastò una mossa, e la zebra andò K.O.
    “No! Wizard!” Rachel corse verso la zebra, che stava per terra. L’attacco di Braviary era di una potenza inaudita. Blitzle sbatteva gli occhi lentamente, e si muoveva con difficoltà.
    “Come sta?” chiese Zack.
    “Male! Perché ha attaccato con tutta questa potenza, il tuo Braviary?!”
    “Lui attacca così, non è colpa sua... avresti dovuto aumentare l’elusione di Blitzle”
    “Ho provato ad usare Doppioteam, infatti!” urlò quella, arrogante.
    Zack portò le mani ai fianchi, poi sospirò. Tornò allo zaino, e portò con se uno strano disco ed una pozione.
    “Cura il tuo Blitzle” le porse il rimedio spray quello.
    “Grazie...” fece Rachel, scura in volto. “Cos’è quello che hai in mano?”
    “È Doppioteam”
    “Cosa?”
    “È una MT. Macchina Tecnica”
    “So cos’è”
    “Insegnala a Blitzle se proprio vuoi”
    “E... e tu? Non ti serve?”
    “No, uso una strategia differente dalla tua”
    “Strategia?” chiese ancora la ragazza, stavolta più confusa di prima.
    “Sì. Tu sei attendista. Io invece cerco di crearmi sempre dei vantaggi... certo, con te non sarebbe servito a nulla, i tuoi Pokémon hanno bisogno di più allenamento per mettere Braviary o Lucario in difficoltà”
    Rachel si inacidì. “Growlithe però stava per cedere. Sono convinta di poterlo battere”
    “La prossima volta, magari. Credo sia meglio fare un po’ di allenamento individuale”
    “Giusto. Aspetta che...” Rachel poggiò la MT sul Pokémon, che fu avvolto da una strana luce. Quello si agitava, irragionevolmente.
    “Ecco fatto. Ora ha imparato Doppioteam” sorrise Zack.
    “Grazie”
    “Di niente”

    Qualche ora dopo i due tornarono nel centro Pokémon di Edesea.
    “Oh, Zack!” lo chiamò l’infermiera.
    “Sì?”
    “È appena arrivata una telefonata da parte di Bill. È in linea”
    “Oh, perfetto!”
    Zack si affrettò al video telefono. Rachel riuscì a tenere il suo passo.
    “Ciao Bill!” sorrise in maniera smagliante il ragazzo.
    “Ciao Zack, contento di vederti sorridente...” fece cupo quello.
    “Hey, che succede?” cambiò all’improvviso umore l’altro.
    “Stamattina è apparso Ho-Oh ad Amarantopoli”
    “Wow. È una buona cosa, no?”
    “Non esattamente. Ha scatenato la sua ira sull’intera città. Sono morte migliaia di persone, ed Amarantopoli non esiste più”
    “Cosa?!”
    “Sì. Ho cercato di contattare qualcuno tra i Dexholder, ma ho ricevuto notizie soltanto da Silver. Cercherà di aiutare”
    “Oh. Ottimo. Salutamelo”
    “Sarà fatto... come promesso Mr. Fuji è qui”
    “Ho urgente bisogno di parlare con lui”
    “Ok. Ciao. E ciao anche a Rachel”
    Rachel diventò paonazza. Bill, quel Bill, si ricordava il suo nome. “Ciao Bill...” riuscì ad uscire dalla sua bocca.
    Poco dopo davanti al videotelefono comparve Mr Fuji. Era uno strano vecchietto, molto magro, larghe sopracciglia, folte, barba incolta, occhi aperti il minimo sindacale nascosti da un paio di lenti molto spesse.
    “Salve. Chi è?” domandò quello. La voce era roca.
    “Buongiorno, Mr. Fuji. Mi chiamo Zack, e questa è la mia amica Rachel”
    “Buongiorno a voi. Cosa posso fare per voi?”
    “Vorremo che ci parlasse meglio della profezia di Arceus”
    “Oh. Siete giovani. Come fate a conoscere queste cose?”
    “Sappiamo molte altre cose. Per esempio sappiamo che quello che è successo ad Hoenn, o anche ad Amarantopoli non sono casi”
    “Arceus sta venendo a riprendersi quello che era suo”
    “Diamine...” si lasciò scappare Rachel. Zack la guardò, poi tornò a riparlare con Mr. Fuji.
    “Parlando con la Professoressa Alma, qui ad Adamanta, siamo riusciti a carpire alcune deboli informazioni, riguardante un cristallo. Ma non sappiamo dove cercarlo”
    “Naturalmente il frutto di questa conversazione che stiamo avendo non è certo. È altamente possibile che quello che sta succedendo sia davvero il frutto di un caso. Come è possibile che il cristallo non sia mai esistito e che Arceus non distruggerà la terra”
    “Quindi?”
    “Beh. Sul monte Trave c’era un tempio, tanto tempo fa”
    “C’è ancora” affermò Rachel.
    “Beh... li ha vissuto Prima, che secondo la leggenda fu l’oracolo di Arceus. Dovreste provare a cercare da lì”
    “E... una volta trovato il cristallo?”
    “Il cristallo potrà essere utilizzato solo da una donna, pura di animo ed illibata”
    “Beh. Credo sarà il problema minore... basta cercare” sorrise Zack.
    “Ed invece è la parte più difficile. Un animo puro è un animo che non è mai stato inquinato dalla malvagità e dalla voglia di peccare contro qualcuno. Ma... mi pare che molto tempo fa, proprio ai tempi di Prima e Timoteo, il grande eroe che ha vissuto nella regione dove vi trovate adesso, vi era un inventore abbastanza originale. Si chiamava Hermann”
    “Uhm...” Zack cercò di ragionare, aspettando la lampadina che si accendesse sulla sua testa. Nulla. Guardò poi Rachel.
    “Non mi dice nulla questo nome” disse la ragazza.
    “Beh... in ogni caso ha sfruttato la potenza e l’energia di alcuni Pokémon, per costruire una particolare lastra di pietra, in grado di capire chi possa essere in grado di sfruttare la potenza del cristallo”
    “Chiederemo ad Alma per questo” ragionò ad alta voce Zack.
    “Bene... l’importante è che facciate in fretta. Sono morte tantissime persone”
    “Ok, ok. Partiremo subito”
    “Bene”
    “La ringrazio, Mr. Fuji”
    “Di nulla. E buona fortuna, ragazzi”

    I raggi del sole non riuscivano a raggiungere il letto in cui Ryan riposava. Assieme a Marianne erano arrivati a Timea solo a notte fonda ed era stato portato in una stanza che la donna gli permise di usare a suo piacimento. Non ricordava molto delle giornate precedenti. I suoi sensi erano ovattati e quando voltava la testa vedeva delle dolorose strisce luminose. Si coprì gli occhi con l’avambraccio, chiudendosi in quelle tenebre così indolori e confortevoli. Cercò di fare mente locale sulla sua situazione.
    La fuga di Rachel.
    Giusto, Rachel.
    Aveva scoperto di essere stata adottata ed era fuggita via, probabilmente un po’ per paura, ma soprattutto per semplice impulso rabbioso.
    Nonostante non sembrasse una persona impulsiva, Rachel lo diventava se messa alle strette e spesso assieme al suo lato impulsivo veniva fuori anche una leggera e innata rabbia.
    Ryan si morse il labro.
    Dopo aver scoperto la fuga della sorella, ci fu il terremoto. Anzi, durante. Era durante il terremoto che si era accorto che Rachel era scappata. C’erano state due scosse di terremoto, decisamente forti, tanto da devastare buona parte della casa.
    E dopo la fine delle scosse aveva cercato la sorella, nel bosco, in città e infine era tornato a casa, sperando che lei fosse tornata.
    Poi erano arrivati Lionell e Marianne. Gli avevano detto che i terremoti erano causati da qualcosa che suo padre aveva previsto, che avevano bisogno del suo aiuto e che in cambio di quell’aiuto avrebbero ritrovato Rachel. Per questo aveva caricato sul loro furgone i risultati delle ricerche che il genitore teneva in casa ed era andato con loro a Timea.
    Ricontrollò mentalmente più volte tutto il percorso fatto e alla fine concluse che, sì, era andata davvero così. Erano stati così i suoi ultimi due giorni.
    Si alzò lentamente, sistemandosi i capelli dorati e notando che le borse sotto i suoi occhi erano sparite. Non aveva orologi con sé, quindi non si sorprese nel chiedersi che ora fosse. Si cambiò alla svelta, mettendo una semplice maglia bianca e un paio di jeans con sopra un felpa grigia, prima di aprire le tende scure che tenevano fuori la luce del sole. Istintivamente si ritrasse quando la luce gli ferì gli occhi. A giudicare dalla posizione del sole dovevano essere almeno le 4 del pomeriggio.
    Si morse un labbro, contrariato per aver dormito così a lungo, e uscì alla svelta dalla stanza. Non fece in tempo a mettere un piede fuori dalla porta che si bloccò. Il lungo corridoio su cui sbucava la sua porta e su cui se ne affacciavano almeno altre 3 era nero lucido, il marmo che ne costituiva la pavimentazione era incredibilmente pulito, dando al ragazzo l’impressione che potesse specchiarvisi senza problemi. Le mura, anch’essere nere, erano però decorate con un motivo classico in una tonalità più opacizzata di nero. Si passò una mano fra i capelli rendendosi conto che non aveva la più pallida idea di dove andare. Sospirò guardando a destra e sinistra e decidendo d’impulso di prendere la sinistra. Iniziò a camminare lasciando che i suoi passi risuonassero secchi per il corridoio. Ogni tanto si fermava a leggere le targhette sulle porte, parlavano di laboratori, archivi e ripostigli. Alla fine si sentì chiamare alle spalle. La ragazza di ieri lo stava rincorrendo con una certa fretta.
    “Dio, eccoti finalmente” lo apostrofò col fiato grosso per la corsa. “Io e Lionell ti stavamo cercando, seguimi.”
    Gli occhi verdi della ragazza lo fissarono e lui si limitò ad annuire.
    Tornarono indietro nel corridoio e passarono una scalinata che il ragazzo non aveva notato in precedenza. Una volta salite piombarono in un corridoio del tutto uguale a quello sottostante.
    “Avete notizie di mia sorella?”
    Quella si limitò a scuotere la testa.
    “Mentre venivamo qui mi hai fatto vedere la sua foto e oggi l’ho mostrata ai vari addetti, dacci un paio di giorni e probabilmente sapremo qualcosa”
    Ryan digrignò i denti in silenzio. Doveva esserle grato per quello che stava facendo, ma la preoccupazione non gli lasciava spazio per altri sentimenti.
    Alla fine del corridoio la donna bussò due volte su una porta, e senza aspettare risposta entrò, facendosi poi da parte per far spazio al ragazzo e chiudendosi la porta alle spalle.
    In piedi, accanto ad una scrivania c’era un’altra ragazza. Capelli biondo cenere, occhi cerulei e una spruzzata di lentiggini le incorniciavano il grazioso naso alla francese, che sovrastava due piccole labbra. Marianne le si avvicinò e Ryan si sorprese a pensare che nonostante tutto quelle due erano perfettamente armonizzate fra loro, come se compensassero ognuna le diversità dell’altra e in modo perfettamente naturale.
    “Ben sveglio, ragazzo. Ti presento Linda la mia seconda assistente” sorrise Lionell, seduto accanto a lei, dietro alla scrivania.
    La ragazza gli accennò un inchino, che il ragazzo ricambiò in modo piuttosto impacciato.
    “Mi auguro che tu abbia dormito bene, Ryan, perché ho bisogno che tu oggi sia in ottima forma” continuò Lionell. Il suo sguardo era cordiale, ma il ragazzo lo osservò dubbioso. Che genere di aiuto volevano da lui?
    “Ho saputo che sei un eccellente allenatore, è vero?” continuò l’uomo osservandolo curioso.
    Il giovane si passò una mano sulla nuca, guardando in basso.
    “Diciamo che passo abbastanza tempo ad allenarmi”
    “Ottimo, ottimo!” esclamò quello, contento “L’allenamento è essenziale. Che ne dici di dare un’occhiata all’addestramento delle nuove reclute, allora? Puoi prenderne parte, se vuoi, così avrai anche un modo per distrarti... penso che tu ne abbia bisogno” per concludere la frase il tono calò, come se si stessero confidando un segreto fra loro.
    Ryan non rispose. Allenarsi non sarebbe stata una pessima idea, soprattutto in un ambiente controllato come quello. Temeva solo di non essere in grado di combattere seriamente.
    Lionell si alzò, avvicinandolo e mettendogli una Poké Ball in mano. Il ragazzo la guardò confuso, ma l’uomo non gli diede il tempo di chiedere.
    “La verità è che mi piacerebbe poter contare anche sulla tua forza. Non ti sto arruolando, sia chiaro, mi piacerebbe solo che finché questa situazione non sia finita tu ci dessi una mano. Hai talento, so riconoscerlo dallo sguardo e so di averne bisogno. Ti chiedo solo di aiutarci nel caso si verificasse qualche episodio di violenza in città, come sciacallaggio e simili, oppure in caso di altre anomalie naturali. Ho notato il tuo Gallade e devo ammettere che è fra i Pokémon più in forma che abbia mai visto, perciò mi sento tranquillo ad affidarti questo ragazzaccio” Lionell picchiò col dito sulla Ball, per dare enfasi alle sue parole.
    “Che ne dici?”
    Ryan ci pensò un attimo, poi accettò. “Va bene, mi sembra doveroso visto quello che state facendo per me.”
    “Ne sono lieto” sorrise quello “Marianne, mettiti a disposizione del ragazzo, fagli fare un giro della struttura e portalo nella sala allenamenti. Oh. Portalo anche alla mensa, anche se non se ne è reso conto sarà sicuramente affamato.”
    Tornò a sedersi mentre Marianne prendeva posto affianco al giovane, impegnato ad osservare il Bisharp nella sfera che gli era stata ceduta.
    “Vieni pure” lo chiamò quella mentre uscivano dalla sala.

    Lionell sospirò greve mentre si sedeva pesantemente alla scrivania.
    “Ti sbagli, ragazzo, ti sbagli” mormorò piano “sei tu che stai facendo molto per noi”
     
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