[UNIVERSO OTAKU-VIDEOLUDICO]Infinite: L'alba del Ragazzo Leggendario

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. SilvioShine
     
    .
    Avatar

    Qual č l'ultima cosa che un morto vede con gli occhi di un vivo? ...La luce...

    Group
    Member
    Posts
    356
    Location
    Mallet Island o Fortuna... chi puň saperlo....?

    Status
    Offline
    CAPITOLO 1
    LADDOVE UN'ERA TERMINA...

    Chissà chi era mio padre, in realtà...
    Questa, ormai, era una domanda che mi facevo praticamente sempre da quando mia madre me ne aveva parlato. Ma la sua descrizione era stata talmente vaga che la quantità dei dubbi sormontava quella delle certezze, come una montagna sovrasta una collinetta.
    Mi sarebbe piaciuto conoscerlo...
    L'unica cosa che conoscevo di lui era il nome, ovvero Robert Shine e, da quello che mi era stato detto, egli era un importante e abile soldato che, nella sua ultima missione al fronte, era rimasto ucciso in seguito a un'imboscata nemica. Nonostante avessi solo dieci anni, mia madre era stata sempre poco delicata riguardo certe cose, specialmente quando il discorso andava a riguardare il passato della donna.
    Le domande erano troppe...
    <<silvio, ATTENTO!>> alzai lo sguardo di scatto e un pallone da calcio mi colpì dritto al viso, facendomi capitombolare all'indietro dalla panchina sulla quale mi ero seduto a riposare. Mi trovavo a scuola, più precisamente nel cortile destinato all'ora di educazione fisica.
    Mi tenevo il naso dolorante con la mano destra quando due dei miei compagni di classe mi accorsero in aiuto; <<amico, che botta hai preso!>> esclamò quello alla mia destra mentre mi porgeva una mano per aiutarmi a tornare in piedi. <<stai bene?>> chiese poi, una volta rimessomi in equilibrio sulle mie gambe; <<una favola>> risposi cercando in tutti i modi di evitare una crisi di pianto. <<ah, andiamo, non ti esce sangue, femminuccia!>> disse l'altro vedendomi tastarmi nuovamente le narici e controllare i polpastrelli subito dopo. Gli scoccai un'occhiataccia non appena ebbe pronunciato l'insulto, ma, prima che potessi ribattere, la campanella che segnava l'ora del ritorno a casa squillò e, a quel rumore, il putiferio più assoluto si scatenò nell'intero edificio scolastico e tutti coloro che si trovavano all'interno del cortile si dileguarono, lasciando il posto completamente deserto, come se quel luogo non avesse mai ospitato anima viva. Sospirai. Un piacevole venticello fece frusciare le foglie dei rari alberi rimasti lì. Mi stupii della velocità alla quale erano tutti corsi a casa: avrei scommesso qualsiasi cosa che nella scuola ci ero rimasto soltanto io in compagnia del mio zaino. Sorrisi e mi apprestai a recuperare i miei libri e finalmente abbandonare quel posto.

    ***



    <<sei in ritardo!>> annunciò mia madre non appena ebbi varcato la soglia di casa nostra: un edificio piccolo, ma caldo e confortevole. <<lo so, scusami>> mi affrettai a dire, ma lo sguardo severo di mia madre, Catherine Shine, non conosceva pietà; a quel punto altro non potevo fare se non abbassare lo sguardo ed attendere la classica ramanzina. Tuttavia, curiosamente, questo non accadde, anzi, mi ritrovai a guardare il viso di una divertita Catherine. A quella vista rimasi a bocca aperta.
    <<non fa niente>> disse, <<su, corri a lavarti le mani, che il pranzo è pronto!>> rallegrato di averla passata liscia per una volta, obbedii e mi godetti il pasto.
    Finalmente, dopo aver mangiato e sbrigato i miei doveri di studente, potevo rilassarmi con una buona lettura. Seduto sul soffice divano del nostro salotto, e con una bella stufa elettrica messa a riscaldarmi i piedi, sfogliavo con interesse morboso uno dei miei tanti libri di avventure nella piacevole penombra del tramonto di quel particolare giorno. Mia madre era accanto a me, silenziosa, a lavorare con grande maestria ad una delle sue creazioni di ricamo: io, ovviamente, credevo che la velocità con la quale riusciva a creare disegni così dettagliati e piacevoli da vedere fosse frutto di vera e propria magia. Con lo sguardo e la mente persi in mezzo alle righe, non facevo caso assolutamente a nulla, se non al cavaliere che combatteva furiosamente con un dragone che riuscivo a visualizzare in quelle pagine fitte di parole fantastiche, quasi arcane.
    Al di fuori della nostra abitazione, le persone facevano andirivieni costantemente, nonostante fosse quasi notte e il loro brusio, talvolta, mi distraeva dalle mie avventure.
    Quello che mi distolse nuovamente fu il silenzio che, tutto d'un tratto, era calato. Tutti tacevano, tranne alcuni che probabilmente avevano visto qualcosa di decisamente strano. <<guarda lì!>> disse piano un uomo, come se non avesse voluto farsi sentire se non dal suo destinatario; <<gia, li vedo!>> rispose l'altro, silenziosamente come il suo amico. <<non ti sembrano come vestiti da astronauti?>>; cos'è? Una parata? pensai entusiasmandomi all'idea di assistere ad un bello spettacolo e, magari, assentarmi da scuola il giorno dopo. <<sì, sembra anche a me. Ma non mi sembrano degli attori, guarda come sono seri!>> riprese l'uomo di prima, ma la risposta non arrivò mai: si sentì un potente sparo e il distinto rumore di un corpo che si accascia a terra. Allora mi spaventai. Il cuore prese a battermi all'impazzata, mentre spalancavo gli occhi e continuavo a seguire il discorso.
    <<buonasera a tutti voi, abitanti di Wine Hill!>> disse qualcuno dalla voce evidentemente amplificata da un megafono, <<mi dispiace molto distogliervi dalle vostre preoccupazioni, ma vi prego di ascoltare la mia richiesta...>> non ebbe neanche il tempo di prendere fiato per esporre il suo desiderio che dalla folla che sicuramente era riunitasi attorno a lui si levò il grido di una donna:<<torna da dove sei venuto, assassino che non sei altro!>>
    Si sentirono altri due colpi di fucile e le grida spaventate della marmaglia: la seconda vittima era stata mietuta. Con il cuore in gola, mi voltai verso mia madre, che ascoltava con grande attenzione. <<come dicevo>> riprese, <<ho una richiesta per voi: ditemi dove si trova l'abitazione della famiglia che va di cognome Shine e sparirò per sempre dalle vostre vite>> nessuno rispose; colui che aveva preso parola rise, <<nessuno lo sa, eh? Bene! Allora facciamo così: ora comincerò a ripetere la domanda, finchè qualcuno non mi risponderà e, tra una domanda e l'altra, attenderò cinque secondi. Scaduto questo lasso di tempo, se non avrò ricevuto risposta, ordinerò ai miei uomini di aprire nuovamente il fuoco e di uccidere uno di voi. Intesi?>>
    Ma è completamente pazzo?! Pensai, con il cuore che mi martellava nel petto.
    L'uomo enunciò la domanda... nessuno rispose: un altro colpo di fucile, un altro morto.
    La ripeté e, nuovamente, nessuno rispose: un colpo, un morto.
    Altre tre volte l'azione ebbe inizio e fine, finché un'altra voce si levò quando il dannato ebbe ripetuto la domanda per la sesta volta: <<abitano lì!>>
    Oh, no... mi disperai.
    <<molte grazie! Ora sparite, tutti quanti!>> ci fu un rumore assordante di piedi che colpivano il suolo freneticamente per diversi istanti: tutti coloro che erano sopravvissuti stavano fuggendo.
    Per un terribile minuto, il silenzio ebbe il sopravvento su tutta la situazione. Guardai mia madre che andava a guardare dallo spioncino della porta d'ingresso; <<silvio!>> sibilò, <<nasconditi sotto il tavolo, presto!>> obbedii senza discutere e mi infilai sotto il piano d'appoggio.
    Si sentì un pestone sulla porta: erano lì davanti. <<catherine Shine!>> gridò l'uomo, <<so che sei lì dentro!>>; <<mamma!>> sussurrai, ma la donna mi fece cenno di tacere all'istante.
    <<avanti!>> inveì l'altro, con evidente esasperazione, <<vieni fuori, e porta tuo figlio!>> Catherine non rispose; fuori dalla porta si sentì una risata isterica, <<molto bene, se entro venti secondi non avrai fatto quello che ti ho ordinato, entrerò io stesso e ti porterò quì a forza!>>
    La donna si rosicchiava le unghie a sangue. Come avremmo potuto sopravvivere? Che speranze potevamo avere? Ma, soprattutto, cosa voleva quel pazzo da noi?
    Sono già passati venti secondi...
    Timidamente, feci per uscire da sotto il tavolo, ma Catherine mi fulminò con un'occhiata; rientrai immediatamente nel nascondiglio.
    Trenta... è finita...
    <<così sia!>> disse l'uomo fuori dalla casa e si sentirono due colpi di fucile che colpirono la porta e la fecero scardinare. La piccola struttura in legno cadde a terra con un boato assordante.
    Vidi mia madre indietreggiare fino a ritrovarsi con le spalle al muro del salotto; con pesanti, ed esasperatamente lenti passi, il responsabile di tanta distruzione entrò in casa nostra: il viso era quello di un ventiduenne, dai capelli neri e occhi dello stesso colore. Aveva lo sguardo di chi era disposto a tutto pur di conquistare i suoi obiettivi. Era vestito con un completo militare nero, non come i suoi due seguaci che lo seguirono all'interno dell'abitazione. L'uomo dai capelli neri ghignò, facendomi ribollire il sangue; poi, espresse un unico ordine: <<prendetela!>>
    Gli altri due obbedirono, afferrando per le braccia la donna e stordendola con un colpo del calcio del fucile di uno di loro; Catherine si inginocchiò, dal momento che non poteva accasciarsi. Il cosiddetto comandante le si avvicinò e la costrinse a guardarlo in faccia tirandola per i capelli. In quel momento era così vicino al mio nascondiglio che, se avesse anche per caso guardato alla sua destra, mi avrebbe visto.
    Invece chiese con voce glaciale: <<dov'è tuo figlio?>>, ma mia madre era ancora bella che agguerrita, dunque si limitò a sputare in faccia all'intruso.
    Feci uno sforzo per non ridere. Beccati questo! Dissi tra me e me.
    <<portatela fuori!>> gridò l'uomo furibondo, e i suoi uomini obbedirono. Non riuscivo a vedere da lì, così, cautamente, mi spostai da sotto il tavolo fino a dietro una grossa aiuola che usavamo tenere dietro la porta.
    Catherine era costretta in ginocchio, in mezzo alla strada davanti alla nostra abitazione. L'uomo dai capelli neri le camminava attorno, le mani intrecciate dietro la schiena. <<ripeterò la domanda>> disse, spazientito, <<dov'è tuo figlio?>>; <<credi che lo dirò a te?!>> gridò lei, <<tu li hai massacrati, tutti quanti! Tutto quello che dirò ad un verme come te è di andare all'inferno!>> strattonò la braccia, ma gli uomini che la sorreggevano erano troppo forzuti. L'altro rise. <<dunque non lo sai?>> chiese e avvicinò la bocca all'orecchio della donna, per poi sussurrare qualcosa; ella rimase scioccata, <<no!>> gridò, lottando con ancor più forza, <<è impossibile! NON PUO' ESSERE LUI!>>; <<e invece sì!>> ribatté stizzito il comandante, <<dunque te lo chiederò per l'ultima volta: dove è Silvio Shine?>>
    <<mi porterò questo segreto nella tomba...>> sibilò Catherine, gonfiando il petto d'orgoglio; l'uomo rise nuovamente e, quando smise, pronunciò una frase che mi fece gelare: <<sì, si può fare>>
    Che cosa?!
    Il comandante si fermò dietro di lei, e da una fondina che portava all'ascella estrasse una pistola: ci mise il caricatore, tirò il carrello e fece scattare la sicura. Per poi puntarla alla testa della prigioniera. Catherine era voltata verso di me, in quel momento e, alzando gli occhi per un istante, mi vide. Sul viso le comparve un sorriso, il sorriso di chi è cosciente di quel che l'aspetta. No... pensai, sentendomi salire le lacrime agli occhi.
    Le labbra di mia madre si mossero, pronunciando senza voce un'unica parola: addio...
    L'uomo premette il grilletto, esplodendo il colpo; il bersaglio venne colpito e la testa della donna scattò violentemente in avanti, per poi rimbalzare all'indietro: sulla sua fronte si vedeva chiaramente un foro rosso di sangue grosso quanto una palla da golf. I due soldati lasciarono andare le sue braccia, facendola cadere con un tonfo secco. E da lì non si sarebbe più alzata...
    Il tempo si fermò, per le mie concezioni. Non esisteva altro se non il dolore per la perdita di una persona così importante per la mia vita. Non mi importava più di nulla. Corsi fuori dalla porta, mi inginocchiai accanto al corpo di mia madre e presi a scuoterlo piangendo un fiume infinito di lacrime amare. La scuotevo, come se stesse solamente dormendo, come se si sarebbe alzata e saremmo tornati a casa insieme, dimenticando quei momenti di crudele paura. Ma, nel profondo, ero consapevole che questo non sarebbe accaduto.
    Mi rannicchiai e presi a piangere, coprendomi il viso con le mani.
    <<eccolo quì!>> gridò l'uomo, entusiasta per il successo. Presi a fissarlo. Non avrei mai più potuto essere consolato da una figura materna. Non avrei mai più subito una ramanzina per essere tornato a casa tardi. Sarei rimasto da solo per sempre...
    Mi intristii ancor di più... Ma quella prospettiva mi fece arrabbiare, oltre ogni umana immaginazione. Serrai i denti fino a sentire la mascella scricchiolare; strinsi i pugni fino a sentire le unghie penetrarmi nella carne e presi a respirare pesantemente, riuscendo a malapena a trattenermi dal gridare. <<uccidetelo>> ordinò quello che mi torreggiava davanti; il soldato alla mia destra caricò il suo fucile d'assalto e me lo puntò alla testa. Non ci feci caso. Non riuscii più a trattenermi: gridai. Gridai così forte da farmi male alla gola; fu in questo frangente che accadde qualcosa: sentii i capelli venire tirati verso l'alto, mentre una specie di fiamma dorata mi appariva attorno. Mi alzai in piedi, continuando a gridare. Ad un tratto smisi di sgolarmi. I sette uomini attorno a me mi fissavano attoniti, ma quello incaricato di uccidermi non si mosse; <<muori, piccolo pezzo di...>> non fece mai in tempo a terminare la frase, che mi voltai verso di lui e la follia controllò le mie azioni: mi scagliai contro di lui, sferrandogli un pugno in pieno addome. La potenza dell'impatto spinse all'indietro il nemico, facendolo andare a sbattere violentemente contro il muro dietro di lui. Crollò a terra, inerme. Mi fermai e mi guardai le mani, sorprendendomi per la mia stessa ormai temibile potenza.
    <<fuoco!!>> gridarono tutti gli altri insieme e presero a spararmi all'impazzata. Mi voltai verso di loro e cominciai a correre, riuscendo, più con mia sorpresa che loro, a schivare tutti i proiettili. Colpii quello più vicino con un pugno alla testa, sfondandone il cranio e provocando un'esplosione di sangue; feci una giravolta e colpii quello dietro di me con un calcio al petto, scagliandolo chissà dove. Uccisi il quarto torcendone il collo, mentre il quinto morì a causa del fuoco incrociato.
    Tornai in piedi e guardai verso gli ultimi due: avevano chiamato i rinforzi e stavano fuggendo a bordo di un elicottero. Da lì, l'uomo dai capelli neri mi fece un sarcastico segno di saluto e chiuse il portello del velivolo... il quale puntò verso casa mia... e vi scagliò un missile. Colpita la costruzione, l'esplosione si scatenò, causando una potentissima onda d'urto che mi fece cadere.
    Tossii ed aprii gli occhi: la fiamma dorata che mi aveva avvolto il corpo era sparita e sentivo i capelli tornati al loro posto. Mi alzai di scatto e corsi da mia madre: grazie al cielo, l'esplosione non aveva corrotto la sua salma.
    Ripresi a piangere silenziosamente, più disperato che mai...
    Mia madre non c'era più...
    Casa mia era distrutta...
    Un esercito di uomini mi dava la caccia...
    ...
    ...
    ...
    ... Cosa potevo fare?

    Edited by SilvioShine - 15/9/2014, 14:01
     
    .
29 replies since 11/5/2014, 18:17   838 views
  Share  
.