[UNIVERSO OTAKU-VIDEOLUDICO]Infinite: L'alba del Ragazzo Leggendario

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  1. SilvioShine
     
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    Qual è l'ultima cosa che un morto vede con gli occhi di un vivo? ...La luce...

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    Mallet Island o Fortuna... chi può saperlo....?

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    CAPITOLO 3
    ARMI PER COMBATTERE

    Rivelare a Camilla gli avvenimenti di sette anni prima, nonostante mi avesse fatto tornare alla mente dei pessimi ricordi, tutto sommato mi fece bene: avere qualcuno ad ascoltarmi parlare e che fosse capace di capire come mi fossi sentito dopo la morte di Catherine e durante tutti quei mesi e mesi di solitudine.
    Le raccontai tutto, senza tralasciare assolutamente nulla: le spiegai cosa avevo sentito e provato prima del momento fatidico; le descrissi l'aspetto fisico dell'assassino, esponendo il mio diretto giudizio riguardante la sua condizione mentale; le parlai della mia misteriosa trasformazione; le raccontai tutti gli eventi più interessanti succedutisi durante l'addestramento. Mi aprii completamente con lei e, una volta esaurita anche la mia ultima parola, mi sentii come liberato da un peso inimmaginabile, leggero come uno spirito. Finalmente qualcun altro, oltre a me, era conscio delle mie avventure e disavventure.
    Camilla, dal canto suo, non aveva passato una vita migliore della mia. Era stata abbandonata dai nostri genitori quando aveva solo dieci anni; da allora aveva girovagato nella regione di Sinnoh, decidendo alla fine di diventare un'Allenatrice. Si allenò per lunghi anni, conquistando vittorie su vittorie, catturando pokémon che per lei erano divenuti importanti amici e potenti alleati. Finendo, poi, per combattere nella Lega Pokémon, un importantissimo torneo durante il quale si decide l'Allenatore più potente della regione; Camilla sbaragliò tutti i suoi avversari, vincendo la Lega a sedici anni e conquistando il titolo di Campionessa più giovane della storia.
    Ma la domanda che mi assillava era tutt'altra: per quale motivo Catherine e Robert abbandonarono loro figlia, essendo consapevoli che con sarebbe sopravvissuta? Erano davvero capaci di tale crudeltà?
    <<sono contenta di rivederti dopo tutto questo tempo>> disse mentre le mostravo la stanza dove poteva alloggiare, <<sai, l'ultima volta che ti ho visto avevi appena due settimane>> la ragazza sorrise, <<eri così carino>>. Non appena mi sentii arrossire, mi affrettai ad augurarle la buona notte e a scappare nella mia camera da letto.

    ***



    Un anno dopo aver conosciuto Camilla, le nostre vite continuavano senza che particolari avvenimenti arrivassero a disturbare la nostra tranquillità.
    Chiusi l'armadietto del bagno e mi guardai allo specchio. Le differenze rispetto a otto anni prima erano enormi: i capelli erano più lunghi e ordinati, tuttavia il colore non era cambiato ed erano castani, proprio come dovevano essere; gli occhi, neri, ormai non erano quelli di un bambino spaventato, ma quelli di un guerriero pronto a tutto; il naso era un sottile, mentre i lineamenti del volto erano spigolosi in corrispondenza del mento e della mandibola, confermando il mio ingresso nell'adolescenza. Guardai il mio riflesso un'ultima volta e sospirai: era il mio compleanno, il diciottesimo, e Camilla era sparita nel nulla, lasciandomi semplicemente un bigliettino sul suo letto con su scritto: ci vediamo stasera. Camilla
    <<gran bella festa...>> dissi tra me e me mentre salivo le scale ed entravo in camera mia, deciso, ormai, a terminare i compiti per l'indomani. Ma non feci in tempo a terminare due equazioni che sentii tamburellare sulla mia porta. Esasperato, dissi sarcasticamente: <<ma chi sarà mai? Entra pure, o misterioso forestiero!>>. La bionda venticinquenne fece capolino dal corridoio: era raggiante, nonostante sapesse perfettamente che ero molto infastidito dal fatto che se ne fosse andata anche dopo avermi promesso di festeggiare il mio compleanno insieme. <<vieni in salotto>> disse con una nota di divertimento nella voce; le rivolsi uno sguardo interrogativo, ma si limitò semplicemente a ripetere la frase. Sbuffai e abbandonai nuovamente la penna sui libri, per poi raggiungere mia sorella.
    Appena scesi le scale, guardai subito a destra, dove si trovava il salotto, e la mia prima reazione fu di sgomento, subito dopo di grande sorpresa: il fragile tavolino di vetro, posizionato davanti ad un candido divano, era colmo di pacchi regalo; ce n'era anche una scatola lunga e molto stretta, che sembrava essere molto pesante. Ancora sconvolto da quella visione, entrai nella stanza, dove trovai anche Camilla in piedi dinanzi al cumulo di doni e che mi rivolgeva un ampio e caldo sorriso. <<ma quale negozio hai rapinato?>> chiesi mentre mi sedevo sul divano e continuavo a scrutare la scatola lunga; la ragazza rise alla mia battuta, <<nessuno!>> esclamò, <<sono tutti per te! Buon compleanno, fratellino!>>. Mi vergognai molto, in realtà: per il suo ultimo compleanno, alla ragazza non avevo regalato assolutamente nulla; mi limitai semplicemente a dedicarle una canzone, poichè era l'unico pensiero che rientrava nelle mie possibilità. Guardai mia sorella, imbarazzato, <<sei sicura di voler spendere tanto per me?>> le chiesi, adocchiando continuamente quel cumulo di oggetti, <<dopotutto, il mio regalo per i tuoi venticinque anni faceva ribrezzo...>>, <<non dire stupidaggini>> mi interruppe, abbracciandomi, <<ho adorato quella canzone. Non hai nulla di cui vergognarti!>>
    Arrossii e distolsi lo sguardo, <<se lo dici tu...>> farfugliai. <<forza>> mi esortò poi, <<cominciamo ad aprire un pò di roba!>>; tornatomi il sorriso, agguantai il primo pacchetto, una scatola grossa quanto un pugno e lunga tre. Scartai ed aprii: conteneva tre sfere uguali a quella che Camilla usava per il suo Grachomp; tre pokéball. <<contengono un Chimchar>> disse lei indicando la sfera a destra, <<un Piplup>> quella al centro, <<e un Turtwig>> quella a sinistra, <<tutti tuoi!>> spalancai gli occhi: avevo ottenuto la bellezza di tre pokémon in un colpo solo. Ringraziai la giovane, incapace di esprimermi completamente.
    Presi il secondo pacco, questo, però, era parecchio grande e leggero; sembrava contenere dei vestiti. E di fatto, ne conteneva: una felpa nera con i dettagli, come le cuciture delle tasche e i risvolti delle maniche, erano completamente bianchi; l'aspetto che subito saltava all'occhio era che il tessuto era estremamente leggero. Ero sicuro che con quella indosso, l'attrito con l'aria durante la corsa e i combattimenti non avrebbe contato nulla. Con estremo piacere, notai che quello era un completo, con tanto di pantaloni e scarpe. Camilla si riscosse e prese qualcosa sepolto sotto i regali; <<a quelli si abbina questa>> e mi porse una fascia da fronte, completamente nera con su stampata in bianco una runa che non seppi riconoscere. Lo chiesi alla Campionessa, ma quella si rifiutò dicendo: <<dovrai scoprirlo da solo>> sospirai, e mi costrinsi a concentrarmi sul mio lavoro di apertura.
    Il prossimo pacco era molto piccolo e, scuotendolo, si poteva sentire uno sbatacchio di plastica contro plastica provenire dal suo interno. Incuriosito, mi affrettai ad aprire: era una specie di orologio digitale dal polso, con lo schermo molto largo, quasi quanto il mio avambraccio; <<questo>> prese a spiegare Camilla, <<è un Pokékron serie quattromila. E' ancora un prototipo, ma dovrebbe andare bene>> quasi mi pentii di averlo scosso nella sua scatola, lo posai delicatamente sul tavolino, temendo di fare altri danni. Mi schiarii nervosamente la voce, mentre trasferivo una scatola molto larga sulle mie ginocchia: al suo interno, scoprii, vi era un set di pokéball vuote da venticinque unità.

    Timidamente, allungai la mano verso il penultimo pacco, che era una busta da lettere, abbastanza piena, dall'aspetto, ma Camilla mi fermò dicendomi: <<aspetta>>; la guardai, chiedendomi cosa volesse. <<prima di aprire gli ultimi due, vorrei che facessi una scelta>> e si alzò, per poi dirigersi al centro del salotto: il suo elegante completo nero faceva un curioso contrasto con la moquette bianca. La ragazza tirò fuori tre pokèball e liberò i loro rispettivi pokémon all'interno della stanza; <<puoi scegliere un ultimo pokémon tra quelli che vedi quì>> annunciò, <<sono un Growlithe>> indicò un cagnolino dal pelo rosso tigrato, seduto educatamente sul pavimento e che mi guardava scodinzolando; <<un Electrike>> indicò un altro pokémon assomigliante a un cane verdognolo, che in quel momento rotolava sulla moquette, rilasciando delle piccole scariche elettriche. <<e un Riolu>> l'ultimo mostriciattolo era alto poco meno di un metro; anche lui assolmigliava vagamente a un cane, ma in forma antropomorfa. Aveva gli occhi di un rosso acceso; il pelo attorno agli occhi era nero, come le orecchie e le zampe posteriori che usava come gambe, mentre tutto tutto il resto, tranne una striscia nera sul petto, era completamente azzurro. Sui fianchi, il pelo si rigonfiava, formando quelli che sembravano dei pantaloncini. Il suo aspetto mi piacque subito, ma fu la sua aura ad impressionarmi, dal momento che era quasi identica alla mia. Mi avvicinai al Riolu e lo guardai intensamente negli occhi; fui lieto di notare che il piccolo non batteva ciglio. Sorrisi. <<riolu>> gli dissi, <<sento che tra di noi c'è una certa affinità e sono convinto che saremo ottimi amici... Ti piacerebbe diventare uno dei miei pokémon?>> il pokémon fece un gran sorriso e annuì con energia. Allora mi rivolsi a Camilla: <<ho deciso>> e lei mi consegnò la pokéball in questione, per poi far ritornare gli altri due nelle loro.
    Mi sedetti nuovamente sul divano, con Riolu a sinistra e Camilla a destra, e presi la busta che avevo adocchiato prima di venire interrotto: conteneva cinquemila Zeny, moneta usata nella regione di Sinnoh.
    <<lo apri o no?>> mi fece Camilla vedendomi esitare dinanzi alla famosa scatola lunga e piatta; lo sapevo che avrei dovuto aprirla, ma non potevo fare a meno di chiedermi che cosa avrebbe potuto contenere... <<e muoviti un pò!>> sbottò lei e mi buttò il pacco sull'addome, svuotandomi i polmoni. Le scoccai un'occhiataccia mentre prendevo il regalo tra le mani e lo tastavo, nella speranza di intuire cosa contenesse. Al diavolo!, dissi alla fine e, con mani tremanti d'emozione, disfeci il nastro. Quando sollevai il coperchio, rimasi sconcertato: era una spada, ma decisamente non una spada da collezione, bensì un'arma fatta apposta per i combattimenti. Il fodero era in noce annerito, con su agganciata una grossa cinghia di cuoio, in modo da poter essere fissato al fianco oppure sulle spalle; terminava con una punta in acciaio al fine di proteggerlo dall'usura e dagli urti. Tirai fuori l'arma bianca dalla scatola e mi alzai nuovamente. Riolu e Camilla mi osservavano in silenzio religioso. Con un gesto solenne, aprii le braccia fino ad averle perpendicolari al corpo. La spada nella mano sinistra. Lentamente, portai entrambe le mani fin sopra la testa; chiusi gli occhi e afferrai saldamente l'elsa con la mano destra. Inspirai profondamente, ed espirando sguainai la lama fino alla punta.
    Muovendomi con rapidità lasciai cadere la guaina per terra e portai la spada fin sotto l'occhio destro, impugnandola con entrambe le mani. Piegai le ginocchia e rimasi così per diverso tempo. L'impugnatura era allungata, rendendo l'opera di forgiatura un'arma a una mano e mezza; la lama era lunga sessanta centimetri e larga dieci in direzione della guardia crociata, che somigliava a una coppia di zampe di ragno direzionate verso la punta. La base della lama, inoltre, era seghettata per i primi quindici centimetri, facendone intuire subito lo scopo: mutilare con la massima efficacia. Cambiai subito posizione ed eseguii una stoccata davanti a me; seguii la lama e colpii un nemico immaginario con un colpo di pomolo che sicuramente lo avrebbe mandato a terra stordito. Scatenai due fendenti laterali e terminai con una giravolta e un ultimo fendente alto; atterrai in ginocchio: quella spada era perfetta per me.
    Mi rialzai e raccolsi il fodero. Rinfoderai l'arma bianca e rivolsi un sorriso a Camilla, che però mi osservava improvvisamente seria; <<come avrai capito>> spiegò, <<ti sto facendo dono di questi oggetti non solo per farti un piacere, ma affinchè tu possa venire a Sinnoh e affrontarmi in una lotta ufficiale. Da troppo tempo, ormai, sono stata la Campionessa. E' ora di far largo alle future generazioni>> assunse un'espressione agguerrita, <<ma non credere che ci andrò piano solo perchè siamo fratelli. Avrai pane per i tuoi denti!>>; sbuffai, concedendomi un momento di spavalderia, <<non ce ne sarà bisogno. Ti affronteremo con tutte le nostre forze e cadrai sotto i nostri innumerevoli colpi>> ghignai, <<giusto, Riolu?>> il pokémon annuì energicamente.

    ***



    Il giorno dopo mi svegliai di buon'ora: la luce del sole filtrava attraverso la finestra della mia stanza, illuminando la mia libreria di un'aura dorata, quasi che la stella avesse voluto sfogliare le pagine di una delle opere letterarie in mio possesso. Riolu dormiva accanto a me, ignorando qualsiasi cosa non riguardasse i suoi sogni, i quali, in quegli ultimi minuti, sembravano essere particolarmente allegri. Mi alzai piano, senza svegliare il piccolo pokémon, e incominciai a prepararmi per andare a scuola.
    Dopo essermi lavato e aver raccolto tutti i libri che mi sarebbero serviti durante quella particolare giornata, lasciai un biglietto sul frigo per comunicare a Camilla che avrebbe trovato la sua colazione nel forno, come facevo ogni mattina, e mi incamminai verso l'edificio scolastico.
    Nonostante il cielo fosse sereno, il vento era insopportabilmente ghiacciato e avevo addirittura dimenticato di indossare un giubbotto. Arrivai a scuola di corsa, in modo da riuscire a riscaldarmi; funzionò, ma ero arrivato un pò troppo presto, quindi ero costretto ad attendere per un'altra mezz'ora.
    Mentre ripassavo l'argomento richiesto a un'interrogazione, dall'altra parte del cortile d'ingresso si generò l'urlo di una ragazza. Un urlo straziante, misto di paura e dolore. Mi si drizzarono i capelli sulla nuca; guardai nella direzione dalla quale sarebbe dovuto arrivare lo straziante verso di gola: un enorme capannello di curiosi stava assistendo a quello che doveva essere uno spettacolo molto piacevole... Ma con persone come loro, per piacevole si poteva liberamente intendere "sadico".
    Mi avvicinai, facendomi largo a gomitate. Una volta arrivato in fondo, vidi quello che giudicai negli anni a venire uno degli eventi più raccapriccianti e disonorevoli per l'uomo che avessi mai potuto scorgere: quattro ragazzi stavano picchiando una ragazza di due anni più giovane di loro. Era terrorizzata. E, mentre tentava di proteggersi con le braccia dai calci di uno di quei maledetti, guardava la folla, in cerca di qualcuno che potesse soccorrerla. Ma un fatto importante che le sfuggiva era che nessuno aiutava nessuno in quella scuola, se non per far soffrire di più un determinato bersaglio. Nei suoi occhi riconobbi la disperazione, anche tutti gli altri fecero altrettanto, ma altro non si limitarono a fare se non ridere ancor più di gusto al sentire le grida di dolore di quella giovane. Mi guardò, con gli occhi colmi di lacrime; sul viso aveva un sanguinolento solco di carne scoperta. Le ingiustizie di quel tipo erano quelle che mi davano di più sui nervi. Mi avvicinai a uno dei quattro: era troppo impegnato ad incitare gli altri tre per fare caso a me. Eseguii una falciata bassa, mandandolo a gambe all'aria; proprio mentre stava per toccare terra, gli pestai l'addome, causando così un impatto molto più violento. Era evidentemente svenuto. Altri due si accorsero di me: quello a sinistra voleva colpirmi a pugni, mentre quello a destra con una mazza da baseball. Fu quest'ultimo ad attaccare per primo: semplicemente scartai verso sinistra, evitandone il colpo, subito dopo gli strappai la mazza dalle mani e gliela spaccai sulla testa. Il terzo intervenne tempestivamente, tentando di colpirmi al viso con un gancio destro. Gli afferrai il polso alla massima estensione dell'arto con la mano sinistra, mentre con la destra lo colpivo con un pugno dritto al naso, rompendoglielo subito; fatto questo, feci leva sul braccio che gli avevo bloccato, mandandolo a terra, e lo finii con un ultimo colpo allo zigomo destro, stordendolo.
    L'ultimo non si era accorto di nulla, impegnato com'era a pestare le braccia della sua vittima. <<ehi, tu!>> gli feci, toccandogli la spalla. Si girò di scatto, sferrando un diretto sinistro, che prontamente schivai inclinando la testa da un lato. Deviai due ganci, sia da sinistra che da destra, per poi afferrargli un braccio e fare rapidamente pressione, spezzandoglielo. Ululò di dolore. Ma non fece in tempo a soffrire per davvero, che già gli spazzavo le gambe e lo sbattevo a terra. <<impara a conoscere il dolore, inutile creatura, prima di pensare di essere degno di poterlo infliggere!>> gli sussurrai all'orecchio. Mi alzai lentamente; stavo per perdere la pazienza. <<c'è nessun altro?>> chiesi. Nessuno rispose. <<c'E' NESSUN ALTRO?!>> gridai di nuovo alla folla, che mi fissò sbigottita, ma neanche questa volta si levò voce oltre alla mia. <<come pensavo>> dissi, <<quando siete convinti di essere superiori, la vostra bocca diventa una voragine infernale, ma quando capite che c'è qualcuno capace di contraddirvi sia con le parole che con i fatti, diventate niente di più di un agnellino spaventato>>.
    Mi avvicinai alla ragazza e, dolcemente, le dissi: <<vieni, appoggiati a me. Ti aiuterò io. Fidati>>, la giovane, con il terrore ancora dipinto in faccia, accettò a farsi prendere sotto braccio e a farsi accompagnare in infermeria.
    Una volta lì, venne medicata, ma lo shock emotivo ci avrebbe messo molto di più a svanire del tutto. <<come ti chiami?>> le chiesi mentre la accompagnavo nella nostra classe, alla quale mi aveva detto di essere stata assegnata. <<l... Lucinda... D... Dawn...>> disse timidamente; sorrisi, <<è uno splendido nome>> commentai, <<il mio, invece, è Silvio Shine. E' un onore fare la tua conoscenza>> e per la prima volta da quando l'avevo vista, riuscii a strapparle un sorriso. La guardai meglio: aveva i capelli lunghi fino alle spalle, curatissimi e neri, proprio come gli occhi, ancora offuscati dalla paura. Il suo fisico era piuttosto minuto, facendola sembrare più giovane di quanto fosse.
    Fortunatamente, gran parte della giornata era trascorsa senza avvenimenti degni di nota. Nel frattempo raccontai a Lucinda come riuscissi a capire la sua sensazione di rifiuto da parte degli altri, com'ero stato soprannominato degli infami presenti in quella classe e come ero riuscito a sopportarli per tutto quel tempo. La ragazza riuscì a rallegrarsi, alla fine, anche se sembrava provare ancora acuto dolore al viso e alle braccia; nulla che un pò di sano riposo non avrebbe potuto curare.
    Ormai, per terminare la giornata, mancava solamente un'ora, ovvero quella che si potrebbe considerare la più piacevole. Non appena il professore fu entrato, ci alzammo tutti quanti, in segno di saluto. <<e questo cosa insegna?>> mi sussurrò Lucinda, <<educazione fisica>> risposi di rimando, <<anche se ultimamente è più "sport estremi">>; la ragazza assunse un'espressione sconvolta, <<tranquilla, non sei obbligata a partecipare>>. La ragazza sospirò di sollievo.
    Dopo dieci interminabili minuti di baccano, riuscimmo ad entrare nella grossa palestra scolastica dove si sarebbe svolta la lezione. Lucinda si mise sugli spalti ad osservare noialtri riscaldarci; quando il professore chiamo i ragazzi attorno a sè. <<molto bene!>> disse battendo le mani, <<siete pronti a dimostrare di essere dei veri uomini?>>, gli alunni - salvo me- risposero con un unanime "SI!", <> ci guardò, serio, come se avesse voluto farci una specie di sorpresa, <<combattimento uno contro uno!>> i ragazzi esultarono, battendo i piedi a terra e agitando i pugni in aria.
    <<bene, bene! Decidiamo subito il primo incontro...>> ci pensò, <<dal momento che qui a scuola ha combinato un gran bel casino, il primo sarà Shine>> tutti si misero a ridere nel sentire il professore pronunciare il mio cognome con evidente sdegno, <<e si farà dare una bella lezioncina dal nostro Edward, d'accordo?>>, <<d'accordissimo!>> rispose Edward, ovvero il ragazzo che mi aveva dato dell'assassino il mio primo giorno. <<forza, tutti sugli spalti a goderci il massacro! Buona fortuna e tutt'e due!>> disse poi indicando me: <<ma servirà più a te che a lui>>, sbuffai d'impazienza.
    Ci mettemmo uno di fronte all'altro; prontamente assunsi la mia tipica posizione di guardia. Edward, invece, mi indicò e mi schernì, scatenando l'ilarità dell'intera classe, professore compreso. Eccolo lì, alla fine. La persona che mi ha causato più sofferenze di chiunque altro durante i due anni scolastici ai quali avevo partecipato. La ragione del mio odio verso l'intera classe: Edward Iceberg.
    L'avversario mi si scagliò tempestivamente contro, pronto ad attaccare con il classico gancio destro, lanciandomi uno sguardo per dire: "se ti faccio male, dimmelo". Strinsi i denti e fermai il suo pugno, senza alcuna difficoltà; lo tirai a me, costringendolo a starmi vicinissimo, <<ora vedremo chi è il verme, qui!>>. A gran velocità sferrai una potente gomitata sinistra al suo naso, costringendolo a tenerselo per il dolore, subito dopo gli sferrai un pugno destro all'addome. Crollò a terra, tossendo violentemente. Mi chinai sopra di lui e gli dissi: <<meglio smettere ora, giusto?>> e mi voltai per andarmene.
    <<dove vai?!>> gridò lui, <<torni da quella sgualdrina di tua madre? Ah, già! Dimenticavo che l'hai uccisa, insieme a tutti quegli inutili sacchi di letame dei tuo parenti>> mi fermai di botto. Non può continuare in questo modo...pensai e mi voltai di scatto: Edward era già in piedi, pronto, a sua detta, a ricominciare. Mi ci scagliai contro con tutta la mia potenza, e gli sferrai un potentissimo diretto destro: sentii ogni singolo osso del suo volto spaccarsi poco oltre le mie nocche, e la sua pelle deformarsi e avvolgere la mia mano. L'impatto fu di una potenza tale da scagliare via la vittima e inchiodarla al muro.
    Due obiettivi in un solo giorno: trovare un amico e vendicarmi dei torti subìti.

    Edited by SilvioShine - 26/7/2015, 14:52
     
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